Raccontano che il termine penultimi, che oggi siamo soliti usare per indicare gli strati sociali colpiti dalla Grande Crisi e retrocessi nella scala sociale, sia stato coniato dal modenese Ermanno Gorrieri, partigiano, sociologo e icona della lotta alle disuguaglianze. Marine Le Pen di recente ha rielaborato quest’espressione parlando di «popolo centrale», coloro che non sono ricchi ma non possono considerarsi poveri e che rappresentano il target principale dell’offerta politica del Front National. Ecco sono i penultimi o il popolo centrale la chiave dell’avanzata di Matteo Salvini in Emilia-Romagna, l’esercito che lo supporta nella prova di domenica. E sì, perché il quesito che oggi bisogna porsi è proprio questo: ma come è possibile che una Regione che ha un tasso di disoccupazione basso — diremmo americano —, che presenta piccole imprese con altissimo Ebitda, che a livello sistemico si sta lasciando alle spalle il Nordest e insidia il primato della Lombardia sia a rischio ribaltone? La risposta rimanda a una considerazione di fondo: si vota ancora con il portafoglio oppure no. Ovvero le condizioni economiche determinano l’orientamento elettorale oppure prevalgono messaggi politico-identitari che si nutrono poco di questione reddituali e invece fanno largo riferimento alle Paure, al Disagio, tutti rigorosamente con la maiuscola e saldamente insediati in una zona di confine tra realtà e percezione.
Ma possiamo porci anche una seconda domanda: il portafoglio di chi? L’Emilia felix è ancora sufficientemente inclusiva o invece il peso dei penultimi è il segno di una polarizzazione, di un’accentuazione delle distanze tra gli emiliani aperti/affluenti di Bologna e Modena e i loro corregionali dell’Appennino e delle città intermedie che si considerano dimenticate? Per rispondere vale la pena provare a capire di cosa sia fatto l’ampio consenso di cui godrebbe la coalizione guidata da Matteo Salvini più che dalla candidata locale Lucia Borgonzoni. I commercianti più degli artigiani sono considerati sicuramente un segmento sociale a preferenza leghista. In passato i dettaglianti emiliani erano stati per lo più berlusconiani, ottimisti, irritati dalla burocrazia locale e dall’arroganza delle amministrazioni e avevano capeggiato la rivoluzione di Guazzaloca contro la sinistra bolognese. Ma da allora di acqua sotto i ponti ne è passata tanta.
La Grande Crisi ha dato una bella scremata e oggi il nuovo demonio si chiama e-commerce, la rivoluzione digitale che ha fatto diventare i portieri di condominio che smistano i pacchi Amazon più importanti dei commercianti. In più non va dimenticato che l’Emilia è terra di outlet, da Fidenza in giù si fa persino fatica a contarli. Anche tra gli operai il leghismo fa il pieno. I più avvertiti invitano a distinguere tra operai protetti e non protetti, tra le medio-grandi imprese sindacalizzate quasi tutte con il loro accordo di welfare aziendale e invece l’arcipelago delle tute blu impiegate nelle lunghe filiere dell’agro-alimentare dove non sempre la legalità è assicurata.
Ma al di là della condizione lavorativa è l’elemento dell’insicurezza cittadina, vera o fomentata che sia, a generare una quota consistente dei consensi per la Lega. La fenomenologia parla di piccoli nuclei di spacciatori ben insediati persino nei centri storici, di furti di biciclette organizzati industrialmente che colpiscono al cuore città in cui tradizionalmente si usano tanto. In Emilia — assicurano i sociologi — non esistono vere banlieue e gli epicentri del disagio come piazza Verdi a Bologna sono tutto sommato pochi. Ma tanti o rari che siano i luoghi del rancore finiscono per pesare assai di più di una presunta concorrenza sul mercato del lavoro. Perché gli immigrati fanno i lavori che gli emiliani non amano più: nella macellazione le false coop sono tutte di extracomunitari, le pompe di benzina hanno un italiano solo alla cassa, i camerieri sono dell’Est, i rumeni montano i mobili Ikea, pomodori e pere sono raccolte dagli africani. Fin quando restano nel recinto del lavoro povero gli stranieri non mettono paura ma è quando vivono fianco a fianco che si genera la sindrome del pianerottolo (copyright di Pierfrancesco Majorino, non propriamente un leghista) e i penultimi cominciano a sentirsi assediati e soli. E a diventare componente strutturale della nuova constituency leghista.