Nel Nord e nel Centro il tasso di occupazione è tornato ai livelli pre-crisi (66,7% nel Settentrione, 62,8% nelle regioni centrali); in affanno il Sud, che nonostante un lievissimo recupero occupazionale (+0,6%) ha archiviato il 2017 con un tasso al 44%, ancora due punti sotto il 2008. Le distanze tra Bolzano e Palermo sono rilevanti anche sul fronte dei disoccupati: se è vero che lo scorso anno si è chiuso, a livello nazionale, con 105mila persone senza lavoro in meno (-3,5% sulla media 2016), e con un tasso di disoccupazione in riduzione all’11,2%, nel Mezzogiorno la percentuale di chi un impiego lo cerca, ma non lo trova ha toccato quota 19,4%, quasi tre volte il dato del Nord (6,9%), e circa il doppio del Centro (10 per cento).
La fotografia scattata ieri dall’Istat sull’ultimo trimestre 2017 e sulla media anno 2017, ha confermato un mercato del lavoro in chiaro-scuro. La fine degli sgravi generalizzati targati Jobs act (pieni nel 2015, al 40% nel 2016, esauritisi, appunto, lo scorso anno) ha prodotto il rialzo del costo del lavoro dello 0,8% (+1,1% nell’industria, +0,6% nei servizi), da attribuirsi essenzialmente agli oneri sociali (abbattuti negli anni precedenti dagli incentivi introdotti dal governo Renzi), cresciuti dell’1,5%, a fronte di retribuzioni rimaste sostanzialmente al palo (i salari hanno registrato in media un incremento dello 0,5% in un anno in cui il tasso d’inflazione si è attestato all’1,2%).
Anche nel 2017 è proseguita la crescita occupazionale, il tasso al 58% (0,7 punti sotto il picco del 2008) equivale a 265mila persone con un lavoro in più rispetto al 2016. I posti creati sono stati quasi soprattutto a termine (con un picco nel quarto trimestre, quando in circa 9 casi su 10 gli avviamenti erano temporanei). Lo stock di poco più di 23 milioni di occupati, tuttavia, è rappresentato in prevalenza dai contratti stabili (quasi 15 milioni, cioè pari al 64,7%); i rapporti a tempo determinato, oltre 2,8 milioni, si confermano al 12,4 per cento. È proseguito (dura ormai da sette anni) il crollo dei lavoratori indipendenti: -105mila lo scorso anno, complice la crisi, ma anche il giro di vite normativo su partite Iva e collaborazioni fasulle.
Guardando all’età, nella media 2017, c’è stata una discesa del tasso di disoccupazione giovanile (-3% per gli under25, che però resta su livelli assai elevati, al 34,7%), sia per gli under35 (-1,3%), male gli over50 (con il tasso di disoccupazione in crescita al 6,2 per cento). Insieme ai disoccupati, anche gli inattivi sono scesi di 242mila unità (di cui -104mila “gli scoraggiati”). Mentre l’aumento del tasso di occupazione non è stato accompagnato da un incremento delle ore lavorate per dipendente, diminuite dello 0,2%, per effetto di un incremento dell’1,4% nell’industria e di un calo dell’1,2% nei servizi. C’è meno ricorso alla cassa integrazione; la somministrazione invece ha toccato il livello più alto degli ultimi 15 anni, con tasso di crescita del 23,5 per cento.
Per il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, «siamo sulla strada giusta, dobbiamo accelerare. Il Nord cresce, ma meno rispetto ad altri Paesi europei. Il Sud va, accompagnato in una stagione di investimenti e di occupazione». Per la leader della Cisl, Annamaria Furlan «arrivano segnali positivi su economia e occupazione. Ma tutto questo non è ancora sufficiente».