All’indomani dell’appello degli industriali al Governo perché chiarisca «se vuole portare alla paralisi l’industria italiana», e mentre a Reggio Calabria sfilano in 25mila alla manifestazione “Ripartiamo dal Sud per unire il Paese” promossa da Cgil, Cisl e Uil, è soltanto Matteo Salvini a raccogliere la sfida. «Entro luglio – promette il vicepremier leghista – inviterò i sindacati al Viminale, con altri rappresentanti del lavoro, del commercio, dell’impresa e dell’agricoltura per confrontarci e ragionare insieme sulla prossima manovra economica».
Una mossa che suona come l’ennesima evidente provocazione nei confronti del ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio. Nel mirino anche di Forza Italia, con Mariastella Gelmini che riprende i fronti aperti con gli imprenditori elencati sul Sole 24 Ore di ieri e affonda: «Salario minimo, Iva, concessioni, ex Ilva, Alitalia, cantieri fermi. Ogni giorno il Governo rivela la sua anima anti-impresa e statalista». Ce l’ha con i Cinque Stelle. Ma Di Maio, sotto assedio, tace. In un videomessaggio inviato al Festival del Lavoro si limita ad assicurare che si sta già lavorando alla prossima manovra «anche affrontando le trattative sulla flessibilità che verrà concessa per un primo abbassamento del cuneo fiscale e strutturale per tutti, che è il mio obiettivo».
Che le tensioni con l’alleato siano di nuovo alle stelle, dopo le bordate di Salvini contro i casi Ilva e Alitalia e dopo il freno del Carroccio sul salario minimo, lo prova un video pubblicato da Fanpage.it registrato all’incontro con gli attivisti a Terni venerdì scorso. Il leader M5S attaccava: «Molti di voi in campagna elettorale mi dicevano: ma com’è che quello (Salvini, ndr) sta in ogni Comune e tu non ci sei mai? Poi abbiamo scoperto che usava gli aerei di Stato. Questa roba non può essere il nostro modello di riferimento». Il Pd chiede a Salvini di riferire in Parlamento. La Lega replica con durezza: «È già tutto certificato, i voli sono stati usati solo per impegni istituzionali. Siamo pronti a querelare chi dica il contrario». Le fiamme divampano all’esterno, ma anche all’interno del M5S. Nello stesso video Di Maio ammette tutta l’irritazione per la frase sui «burocrati chiusi nei ministeri» scritta da Alessandro Di Battista nel suo ultimo libro. Ciliegina sulla torta, il nuovo inedito asse tra Di Battista e Davide Casaleggio, che lo intervista in serata nella tappa di Catania del Rousseau City Lab. Aprendo per la prima volta alla revisione del vincolo dei due mandati: «È sicuramente un tema di cui si sta parlando da diversi mesi». Di fatto è l’avallo alle parole di “Dibba” dei giorni scorsi. Quanto basta per far scattare l’allarme rosso tra Di Maio e i suoi. Il sospetto? Che ci si stia preparando al voto anticipato e a un cambio della leadership M5S.
Non aiutano gli affondi dei sindacati contro «un Governo colpevole e inerte», con Maurizio Landini (Cgil) che critica il reddito di cittadinanza: «Non è lo strumento giusto se la povertà relativa è aumentata». «Ha preso una cantonata», commenta la ministra del Sud Barbara Lezzi: i dati Istat citati da Landini «si riferiscono al 2018». Ma non arrivano risposte alle richieste del mondo del lavoro: un piano straordinario di investimenti pubblici; no ai condoni, alla flat tax «iniqua e penalizzante per il Sud» e all’autonomia; infrastrutture anche nel Mezzogiorno. Dove secondo Eurostat sono 4 delle 5 regioni con più bassa occupazione dell’Ue.
Silente il premier Giuseppe Conte, stretto tra due fuochi: la trattativa con Bruxelles e i diktat di Salvini. È in questo clima che ci si prepara alla resa dei conti: il Cdm di mercoledì. Domani Di Maio sarà a Taranto insieme a cinque suoi ministri: altra trasferta difficile. Martedì dovrebbe tenersi un vertice a Palazzo Chigi, con Salvini che vuole incassare le intese sulle autonomie e la nomina del ministro degli Affari Ueuropei. E le danze del rimpasto che potrebbero partire. Sempre che il Governo ritrovi la quadra.