Luglio per il mercato del lavoro è un mese ballerino e di conseguenza i dati di ieri dell’Istat vanno presi con le molle. Sappiamo che c’è stata una flessione degli occupati (-28 mila) pagata quasi interamente dalle donne tra i 15 e i 49 anni, un robusto incremento degli inattivi (+89 mila), un aumento assai contenuto dei contratti a termine (+8 mila) e si tratta di micro-fenomeni tutti riconducibili allo stop fisiologico legato alle imminenti ferie estive. La tendenza che sembra uscire confermata è quella che vede gli over 50 come soggetto relativamente forte del nostro mercato del lavoro. Se poi dal rendiconto del solo luglio allarghiamo la visuale agli ultimi 12 mesi emerge che i disoccupati sono scesi sotto i 3 milioni, il tasso di disoccupazione giovanile è calato al 30,8% ma che la quantità del lavoro non corrisponde ancora a un’apprezzabile qualità. In un anno sono diminuiti di 122 mila i dipendenti a tempo indeterminato, sono saliti di 336 mila unità quelli a tempo determinato e di 63 mila gli autonomi. Si può dire dunque che il ciclo della ripresa iniziato dal 2015 ha portato più occupazione ma non nella modalità che il jobs act aveva indicato.
Archiviato luglio però il mercato del lavoro è chiamato a fronteggiare un nuovo stress. Sono almeno tre le novità annunciate dal governo gialloverde che imporranno a imprese e persone di ricalibrare le strategie. La prima riguarda la legge Dignità (gialla) che andrà in vigore dal 1 novembre e che sarà anticipata da differenti regimi transitori. La seconda investe le partite Iva e il proposito (verde) anticipato dai leghisti del Mef di rivedere in maniera significativa la tassazione (la mini flat tax al 15% fino a un imponibile di 100 mila euro) e, infine, il «giallissimo» varo del reddito di cittadinanza. Messi insieme questi tre provvedimenti determineranno nel mercato del lavoro italiano varie scosse di assestamento. Le imprese saranno chiamate a ridefinire le loro mosse che finora avevano fatto ampio ricorso ai contratti a termine. La mini flat tax potrebbe portare a un massiccio allargamento del popolo delle partite Iva già con il solo effetto-annuncio e anche con qualche ventilato timore di sostituzione di contratti permanenti in essere. Infine il reddito minimo potrebbe quantomeno asciugare l’ampia riserva degli inattivi costringendoli in prima battuta a rientrare nel novero dei disoccupati. Tante novità e due filosofie del lavoro, una gialla e una verde, che rischiano di giustapporsi. Più che una riforma per ora è un bricolage.