Sono tempi difficili, per la Francia. Dove le mobilitazioni dei Gilets Jaunes, i Gilet Gialli, durano ormai da mesi.
Riflettono un clima sociale e politico di insoddisfazione. Una situazione inattesa. Meno di due anni fa Emmanuel Macron è stato eletto Presidente. Mentre oggi appare il primo bersaglio del movimento cresciuto negli ultimi mesi. In tutta la Francia. Ma soprattutto nelle aree periferiche.
Come ha segnalato Marc Lazar, su Repubblica. Queste proteste hanno suscitato interesse dovunque. In particolare in Italia. Dove il vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio, ha esortato i Gilet Gialli (GG) a “non cedere”. Generando tensione nei rapporti con la Francia. Peraltro, già complicati. In questo modo, però, Di Maio si è inoltrato nel “campo populista” lungo una strada diversa rispetto alla Lega di Salvini. L’iniziativa di Di Maio, infatti, risponde anche all’esigenza di superare le difficoltà di questa fase. Il suo elettorato, infatti, appare in sensibile declino. Eroso non tanto da un’opposizione che, per ora, latita — a destra come a sinistra. Ma dal suo alleato di governo. La Lega di Salvini. Che, in Italia, sostiene la mobilitazione degli imprenditori a favore della Tav. Mentre, oltre confine, si muove tra la Francia di Marine Le Pen, l’Ungheria di Viktor Orbán e la Polonia di Jaroslaw Kaczynski, leader del Partiti “nazionalisti”. Così, mentre Salvini tesse la tela di un’alleanza euroscettica e sovranista, Di Maio cerca di spingere il M5S in una direzione diversa. A sua volta, euro-scettica ma, al tempo stesso, critica con le élite del potere, politico ed economico, che guidano la Ue. Dove il peso della Francia di Macron è rilevante. I GG, in fondo, evocano alcuni tratti biografici del M5S. Ma si proiettano in direzioni distinte e, in parte, alternative alla Lega. Visto che i GG sono guardati con simpatia dalla Destra sovranista di Marine Le Pen, ma anche dalla Sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon.
È interessante, al proposito, osservare i dati rilevati in un’indagine condotta (da Demos) il mese scorso. E, quindi, prima delle recenti iniziative di Di Maio.
Il primo motivo di interesse è suggerito dall’attenzione degli italiani (intervistati) nei confronti delle manifestazioni che hanno attraversato la Francia. Meno del 20% del campione, infatti, affermava di non conoscere gli eventi. Mentre la maggioranza ne era al corrente. Ma, soprattutto, mostrava idee chiare, sul merito.
Solo 2 italiani su 10, in particolare, si dicevano “contrari” alle manifestazioni. Perché “è meglio fare opposizione in Parlamento”.
Ma oltre il 60% esprimeva sostegno alla protesta. Tra questi, il 16% profetizzava che si sarebbe estesa altrove. In altri Paesi. Dunque, presumibilmente, anche da noi… Non abbiamo ragione di pensare che, oggi, il clima d’opinione sia cambiato. Anzi, probabilmente, si è riscaldato ulteriormente. Proprio per questo i leader dei M5S hanno deciso di sostenere i GG. E le loro rivendicazioni, condivise da una componente degli elettori a 5S superiore all’80%.
Anche nella base della Lega, però, i giudizi sulla protesta sono largamente positivi. Raggiungono il 70%. La simpatia espressa dagli elettori di FI è meno ampia ma, comunque, maggioritaria. È lecito ipotizzare che il favore per i GG rifletta lo sfavore, il ri-sentimento, nei confronti della Francia e di Macron. Dopo mesi di polemiche continue. Da ultimo: proprio in seguito al sostegno alle manifestazioni.
Solo nella base del Pd emerge un orientamento distinto. Attento alle ragioni della protesta, ma in chiave prevalentemente “interna”.
Anti-governativa.
Il consenso verso i GG, peraltro, risulta molto esteso in tutte le aree dello spazio politico. Da Sinistra, al Centro. Fino a Destra (dove, però, si rilevano indici un po’ più elevati).
Il sostegno più ampio, tuttavia, caratterizza soprattutto le “aree” di maggiore disagio. Il Centro-Sud e il Mezzogiorno, sul piano territoriale, dove oltre due terzi degli intervistati si schierano con i GG. Gli operai e i disoccupati, sul piano delle categorie professionali. Per contro: il consenso più limitato emerge nelle regioni del Centro-Nord e del Nord. Fra gli studenti e i pensionati. I settori che soffrono meno della crisi economica e di mercato. Anche perché sono — in parte — “fuori” dal “mercato del lavoro”.
Questi orientamenti, però, indicano alcune variazioni rispetto alle tendenze che, nel passato recente, hanno favorito il successo dei partiti attualmente al governo. In Francia, ma anche in Italia. Più dell’ “insofferenza politica”, infatti, conta sempre più la “sofferenza economica”. E i due sentimenti, comunque, si incrociano. In altri termini: in Francia Macron è travolto dal dissenso di quanti si sentono colpiti e traditi dalle sue politiche. Perché si era presentato come il campione del cambiamento della “politica”, ma anche delle “politiche”. Economiche e del lavoro. Mentre in seguito ha riprodotto gli stessi vizi del passato.
Lui, contestatore dell’establishment economico e istituzionale, ha ripreso i ruoli che già aveva interpretato in passato.
Quand’era banchiere d’affari nel gruppo Rothschild e ministro dei governi socialisti. Peraltro, ha sostenuto — inizialmente — l’aumento di prezzo del carburante, all’origine delle proteste. Così è divenuto il bersaglio di un movimento tanto diverso e trasversale. È il Centro contro il quale si rovescia la rabbia delle Periferie. Macron, in quanto Presidente e in quanto soggetto che identifica e personalizza lo Stato. Il Nemico di tutti. Bersaglio di ogni dissenso. In Francia.
Il caso italiano è diverso. Perché le periferie sono diverse. Hanno un diverso “colore” politico. La periferia produttiva della piccola impresa coincide con il Centro Nord. È “Verde”. E oggi è diventata “Blu”. Ha votato e vota ancora per la Lega di Salvini. Che, però, appare in grado di attrarre sempre più consensi dalla “periferia” del disagio sociale ed economico. Nel Mezzogiorno. Che, alle elezioni politiche, si era colorato di Giallo.
Perché la maggioranza dei cittadini aveva votato soprattutto per il M5S.
Per questo se i GG arrivassero — e si propagassero — anche in Italia provocherebbero divisioni. Fra gli elettori della maggioranza. Come sta già avvenendo e si osserva. Fra oppositori e sostenitori della Tav. E domani: della Tap.
Insomma, Giallo e Blu difficilmente riuscirebbero a coesistere. E nelle piazze, nelle strade, sfilerebbero Gilet Gialli e Gilet Blu. Ma non insieme. E neppure vicini. Talora, in direzioni opposte. Più che incontrarsi, rischierebbero di scontrarsi.