C’è un tratto distintivo dell’economia dell’Emilia-Romagna, capace di caratterizzarla nel suo ruolo di «locomotiva» del Paese? Che sia una regione ove lo spirito impr\enditoriale è assai diffuso lo dicono alcune semplici cifre. Nelle variabili di base (popolazione, superficie, Pil) l’incidenza dell’Emilia-Romagna sul totale nazionale oscilla fra il 7 e il 9%. Ma quando passiamo a esaminare la sua incidenza su variabili quali l’export, i distretti industriali, le medie imprese, le principali società italiane, ebbene, i valori balzano fra il 13 e il 15%. Il dato è confermato, anzi rafforzato (16,76%), dall’indagine sui Champions presentata in queste pagine (si veda la tabella qui sopra).
Sin qui, si dirà, nulla di unico, perché queste sono le tendenze che riscontriamo un po’ dappertutto nelle regioni con una forte base industriale. Occorre, quindi, continuare a scavare sotto la superficie per cogliere quel tratto distintivo che le dinamiche macroeconomiche emiliane degli ultimissimi anni (un tasso di crescita del Pil vicino al 2%, il più alto fra le regioni italiane) sembrano suggerire.
Una prima spiegazione risiede nella fondamentale caratteristica strutturale che accomuna le tre regioni del «nuovo Triangolo»: un valore aggiunto derivante dall’industria manifatturiera pari a un quarto del totale (un po’ meno del 25% in Lombardia, un po’ di più in Emilia-Romagna e Veneto). E la «manifattura conta», come spiega Ha-Joon Chang, brillante economista della Cambridge University, perché rappresenta «la principale fonte di crescita della produttività».
Trasformazioni
Una seconda spiegazione ha, invece, a che fare più direttamente con la profonda metamorfosi della manifattura emiliano-romagnola degli ultimi dieci anni; una trasformazione che tocca, in primis, quell’aggregato di specializzazioni legate al nuovo paradigma di Industria 4.0. La serie Economie regionali, pubblicata dal Servizio studi della Banca d’Italia con elaborazioni su dati Istat, presenta la suddivisione del valore aggiunto dell’industria manifatturiera per branca; di queste, ne prendiamo due: (i) la «fabbricazione di computer, produzioni di elettronica e ottica, apparecchiature elettriche, macchinari e apparecchiature», (ii) la «fabbricazione di mezzi di trasporto». Possiamo chiamare quest’insieme di produzioni come meccanica avanzata/meccatronica (non si sono considerate le «attività metallurgiche e la fabbricazione di prodotti in metallo»).
In Emilia-Romagna si è verificato un eccezionale incremento – pari al 57,1% – del valore aggiunto generato, nel corso del decennio 2005-2015, dalla meccanica avanzata/meccatronica, che è di gran lunga superiore sia rispetto a quello lombardo (+7,3%) che a quello veneto (+20,1%). Quest’industria tecnologicamente evoluta dà conto del 41,1% del valore aggiunto manifatturiero dell’Emilia-Romagna (era il 33,9% dieci anni prima), mentre i valori per le altre due regioni si fermano al 30,5% e al 28,7%, rispettivamente, per Lombardia e Veneto.
Due ulteriori evidenze ne confermano la centralità lungo la Via Emilia.Primo, essa è sempre più il terreno d’elezione per molte imprese che crescono – sia per linee interne, sia mediante fusioni e acquisizioni – dalla propria classe dimensionale a quella successiva: i Champions, ma anche le grandi imprese che si avviano a diventare le multinazionali di domani (si pensi ai leader del packaging bolognese con fatturati ormai collocati fra 1,5 e 2 miliardi di euro, senza dimenticare le eccellenze nell’automotive).
Secondo, il contributo rilevante che da quest’industria deriva all’internazionalizzazione dell’economia emiliano-romagnola (export e flussi di investimenti diretti esteri in entrata e in uscita). Se, come ha scritto il governo tedesco, la quarta rivoluzione industriale si caratterizza per l’uso di «cyber-physical system che sposano il mondo digitale virtuale col mondo reale», l’essere (molto) forti nella meccanica avanzata/meccatronica vuole dire avere tutte le potenzialità per collocarsi lungo la frontiera del progresso tecnologico. E l’assegnazione all’Università di Bologna, in partnership con tutti gli altri Atenei della Regione, del Competence Center sui Big Data (che si unisce così al Cineca e ad altri Istituti già operanti in città nell’elaborazione di grandi masse di dati) offre la giusta prospettiva per completare il matrimonio di cui si diceva.
Beninteso, Industria 4.0 non esaurisce tutte le traiettorie tecnologiche.Ciò che si muove lungo quella rappresentata da chimica, farmaceutica, biotecnologie e scienze della vita è meritevole di grande attenzione: in tutte e tre le regioni del nuovo Triangolo sono molte e significative le storie imprenditoriali di successo. In Emilia si distingue, anche per come ha saputo reagire al terribile sisma del 2012, il distretto del biomedicale di Mirandola, che è oggi un connubio molto ben riuscito fra talento imprenditoriale locale e rilevanti investimenti dall’estero.
*Professore di Economia e politica industriale, Università di Parma