Il 15 agosto, mentre ancora si scava tra le macerie del Ponte Morandi, il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, annuncia l’idea di trasferire dal gruppo Benetton all’Anas la gestione delle autostrade. Il 12 settembre, in un’audizione parlamentare sull’accorpamento Fs- Anas, sempre Toninelli afferma che l’operazione si è risolta in un « tornaconto personale per quei manager che si sono visti moltiplicare lo stipendio » , puntando dunque implicitamente il dito anche verso Gianni Vittorio Armani, amministratore delegato della stessa società alla quale il ministro potrebbe consegnare le autostrade italiane.
Cosa sia cambiato in meno di un mese proviamo a capirlo parlando con Armani, manager cinquantenne da tre anni alla guida dell’azienda pubblica delle strade dopo una carriera nel gruppo Terna, che innanzitutto prova a chiarire lo stato dei suoi rapporti con il governo: « Ho messo a disposizione di Toninelli il mio mandato, sia incontrandolo di persona che scrivendogli. E’ impossibile lavorare in un’azienda pubblica senza la fiducia dell’esecutivo. Al momento non ho avuto riscontri, dunque vado avanti cercando di recuperare un’immagine di credibilità ed efficienza dell’Anas, puntando risorse economiche e umane sulla manutenzione, la tecnologia, la programmazione a medio termine. In questo senso, siamo prontissimi a gestire altre tratte autostradali visto che già abbiamo una rete dieci volte quella di qualunque gestore » .
Scandali giudiziari, partitocrazia e consuetudini “parentocratiche” hanno lasciato segni indelebili nell’immagine dell’Anas. Come pensa di scrostarli?
«Nell’immaginario degli italiani ormai tutte le istituzioni statalisono viste come inutili se non addirittura dannose. E’ l’effetto della disorganizzazione della cosa pubblica. Noi ci stiamo lavorando a fondo dotandoci di capacità di controllo e misurazione: solo così si intercetta la disonestà e si allontanano i disonesti. Credo che i risultati siano tangibili, la rete Anas è molto migliorata. Tornando al contesto generale, penso che un governo con una maggioranza così forte abbia tutte le possibilità di ricostruire la credibilità dello Stato».
La tragedia di Genova non aiuta…
«Solo le indagini della procura potranno accertare cosa sia accaduto veramente e perchè. In questo caso non c’è un problema di risorse finanziarie, come è accaduto per i gestori pubblici con i tagli del bilancio degli ultimi venti anni, e neanche un problema di qualità del personale perché Autostrade per l’Italia ha potuto assumere i migliori tecnici sul mercato senza avere il blocco delle assunzioni. Non si può escludere nessuna causa, ma in ogni caso andrebbe analizzato ed eventualmente rivisto il rapporto tra ministero e privati. Insomma, un ruolo diverso dello Stato sia nel controllo che nella gestione, prevedendo capacità di assunzione di personale e risorse finanziarie adeguate».
In realtà sono crollati anche ponti su tratte gestite dall’Anas.
«E’ vero ma nell’unico caso in cui purtroppo è stata coinvolta una persona, il viadotto non era di proprietà di Anas. C’è un problema di individuazione della responsabilità delle infrastrutture che stiamo affrontando insieme al ministero».
Cosa risponde a chi sottolinea come il passaggio di Anas nel gruppo Fs abbia significato un aumento consistente della sua retribuzione, in barba oltretutto ai tetti fissati dalla legge Madia per i manager pubblici?
«Entrando l’Anas nell’alveo delle Fs, mi è stato chiesto di recepire le regole del gruppo, ovvero di dimettermi dalla carica di presidente di Anas e di diventarne amministratore delegato e direttore generale, con relativa responsabilità operativa e relativa retribuzione che peraltro è in linea con gli altri manager del gruppo. Ricordo che le Fs non sono soggette al tetto previsto dalle alle norme della legge Madia».
E’ vero che il bilancio 2017 dell’Anas è stato approvato contro il parere del governo e risolvendo una mancata svalutazione del patrimonio da 2 miliardi di euro, con la decisione unilaterale di prolungre la concessione dal 2032 al 2052?
«Con il cambio del contratto di programma legato al passaggio di Anas nel gruppo Fs, su indicazione dell’allora azionista Tesoro e del ministero delle Infrastrutture abbiamo adottato i criteri contabili internazionali che guardano alla capacità di generare flusso di cassa futuro invece che al patrimonio nominale. Dunque i valori nominali non hanno alcun peso in quei criteri. Lo hanno piuttosto le sinergie con le Fs, le efficienze previste e anche la possibile proroga della concessione dopo la scadenza del 2032. Ma questo non significa assolutamente che la proroga sia stata già decisa. La scadenza resta fissata al 2032. Il bilancio, dunque, è stato approvato sulla base di perizie e pareri legali condivise con l’azionista, e tenendo informato il ministero. Anzi, ad agosto era arrivata addirittura una comunicazione dal ministero nella quale si sollecitava la pubblicazione del bilancio».
Eppure dal ministero sarebbero arrivate ben due lettere per contestare la mossa di Anas. E’ così?
«Sono arrivate due lettere al nostro azionista Fs. La prima dell’11 settembre, dunque un giorno dopo l’approvazione del bilancio, nella quale si chiedeva di avviare il tavolo di confronto sulla durata della concessione e nel frattempo di non approvare i conti. Poi, dopo la risposta delle Fs nella quale oltre a far notare che l’approvazione c’era già stata, se ne spiegava tutto l’iter, il ministero il 14 ha inviato un’altra missiva alle Ferrovie per contestare il presunto allungamento della concessione».
Come si spiega tutto questo?
«Ci sono state delle incomprensioni. Ho motivo di ritenere che presto sarà tutto chiarito».
L’accorpamento nelle Fs è stato fatto per garantire l’autonomia finanziaria di Anas. Ma ora il governo si prepara a riportare le lancette indietro, ristaccando Anas dal gruppo delle ferrovie. Condivide il progetto?
«Non abbiamo fatto noi la legge che ha sancito l’accorpamento, abbiamo solo seguito le indicazioni del precedente governo. Una decisione diversa del nuovo esecutivo è legittima».
E fuori dalle Fs come si potrà sostenere finanziariamente l’Anas?
«Il ministro ci sta lavorando. L’idea potrebbe essere quella di tariffare i mezzi pesanti stranieri che percorrono le strade gestite da noi. Come avviene in altri Paesi europei. Con le Fs poi, anche da società separate, si potranno perseguire sinergie industriali».