«Dobbiamo agire». Un invito ripetuto ben sette volte e per ognuna segue la ragione del perché il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, sollecita a passare all’azione. L’imperativo, scandito all’assemblea annuale dell’associazione degli industriali, è necessario per fermare la fuga dei cervelli, per aumentare il reddito pro capite degli italiani, per innovare, per rendere l’Italia più centrale in Europa, per diventare un modello di sostenibilità, per consolidare l’identità europea dei cittadini italiani e, infine, «dobbiamo agire perché crediamo in questa Italia». Inviti contro l’immobilismo che Boccia pronuncia davanti al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella (accolto con un lunghissimo applauso), al premier Giuseppe Conte e al vicepremier Luigi Di Maio, illustrando la sua ultima relazione da presidente di Viale dell’Astronomia. Un intervento contrassegnato da critiche dirette alle misure del governo, per esempio l’eco-bonus, o alle tante dichiarazioni disinvolte dei membri dell’esecutivo. «Le parole di chi governa non sono mai neutre: influenzano le decisioni di investitori, imprenditori, famiglie. Le parole che producono sfiducia sono contro l’interesse nazionale», osserva Boccia.
Ma il cuore dell’intervento è l’apertura a una stagione di collaborazione. «Costruiamo insieme un piano triennale, credibile e ambizioso, che ci permetta di trattare con i partner europei un aggiustamento graduale, serio e strutturale, affiancato a misure per sostenere la difficile fase congiunturale». L’appello è corredato dalla richiesta di evitare «la bulimia di consenso sui social. Il presentismo imperante è una malattia molto grave. La superficialità si fa regola. Noi invece abbiamo bisogno di studiare, progettare, costruire». Boccia, in vista di una manovra che si prospetta possa costare 32 miliardi e con dati Istat che rivedono al ribasso la crescita del Pil nel 2019, stimandola al +0,3%, mentre Confindustria la prevede pari a zero, propone «al governo e alle opposizioni di collaborare insieme» con l’obiettivo di «evitare un autunno freddissimo per la nostra economia». L’elenco delle proposte non è nuovo: riduzione del costo del lavoro, un piano shock per le infrastrutture, tempi più rapidi per la giustizia, un salto di qualità nella pubblica amministrazione e il pagamento dei debiti di quest’ultima nei confronti delle imprese. Tra i suggerimenti una spending review con meccanismi premiali per chi genera efficienza e l’eliminazione del «dumping contrattuale».
Dopo il padrone di casa Boccia tocca a Di Maio, che in veste di ministro dello Sviluppo Economico interviene per la prima volta all’assemblea di Confindustria. Il vicepremier legge il suo intervento e tiene a dire:«È il momento di essere pragmatici e superare alcune posizioni frutto del pregiudizio ideologico. Un no assoluto e pregiudizievole non è nelle mie corde: né per le infrastrutture, né per il mantenimento in funzione di un impianto, né per gli accordi commerciali». Poi annuncia un rinnovato e potenziato piano Industria 4.0, e rassicura che «la nostra sfida più grande risiede nella contaminazione delle idee, nel dialogo costante e a volte nel compromesso, perché la realtà ci insegna che senza confronto e dialogo questo Paese non lo possiamo governare». Per il governo parla anche Conte che promette:«Siamo ferocemente determinati a superare il livello di crescita del Pil dello 0,2% indicato nel Def». Tiepidi applausi sipario.