Il dilemma è questo: è la Cgil che la pensa come Giuseppe Conte, o è Giuseppe Conte che la pensa come la Cgil di Maurizio Landini? Perché al Teatro Apollo di Lecce va in scena un inedito assoluto: il patto del Salento o il patto di San Maurizio (per via dell’onomastico – coincidenza davvero curiosa – della giornata). Insomma l’abbraccio tra il sindacato rosso e il premier giallo-rosso. Senza passione, sì; ma pur sempre un abbraccio. Un abbraccio tattico tra l’ex tribuno del popolo (quando vestiva i panni del leader della Fiom) e l’ex avvocato del popolo (quando guidava il governo giallo-verde). Così, nell’ultima delle Giornate del lavoro della Cgil, solo applausi dai 700 in sala, ben divisi tra burocrazia sindacale, delegati nei posti di lavoro, e un po’ di leccesi selezionati. Per oltre un’ora Conte e Landini si confrontano sul palco da pari a pari, rispondendo alle domande, assai preparate, di alcuni delegati. Mai successo che un presidente del Consiglio accettasse un tale format. Di più: l’ultimo capo di governo a parlare ad una platea della Cgil fu Romano Prodi, al congresso di Rimini del 1996. All’epoca si parlò di un “governo amico” della Cgil, con la Cisl che si infuriò. Un’altra èra politica e sindacale. Nel 2014 Matteo Renzi non ci andò neppure all’assise cigiellina. Nemici, a sinistra. Parlano della manovra che verrà, Conte e Landini. E sono d’accordo su tutto. Anzi: «d’accordissimo», o «molto d’accordo». Variante: dicono di «apprezzare » o «condividere» quel che è stato appena sostenuto. Tralasciando sui «mi fa piacere che Landini…», e viceversa. La trama politica, e non solo di buona educazione, è chiara. Definita nei dettagli prima di Lecce. Dunque, intesa sul taglio al cuneo fiscale per aumentare i salari, come sulle necessarie assunzioni nella pubblica amministrazione perché «ormai siamo in un sistema infotelematico », dice Conte che però evita di impegnarsi sulle risorse per i prossimi rinnovi contrattuali nel pubblico impiego. Lotta all’evasione fiscale fino a evocare la manette. Applausi. C’è l’emergenza Mezzogiorno con il rischio di deindustrializzazione (anche se sul caso Whirlpool Conte non sa, più o meno, cosa dire) e l’idea impegnativa di uno sviluppo sostenibile, a cui la Cgil era approdata ben prima che ci arrivasse anche il professor Conte. Si abusa del verbo «cambiare » (sottinteso l’Italia) e quasi sempre lo si fa facendogli seguire l’avverbio «insieme». Conte spiega che per lui il confronto con i rappresentanti degli interessi «è naturale», per quanto nel Conte 1 qualche défaillance c’era stata e non solo per colpa della democrazia digitale. Accenna a un metodo di governo che fa venire in mente la stagione della concertazione con Carlo Azeglio Ciampi a Palazzo Chigi.
Eppure Conte e Landini sono proprio diversi. Basta osservarli, lì seduti sulle due poltroncine bianche, fianco a fianco sul palco del teatro. Conte è il solito Conte: completo blu di ottima sartoria, cravatta azzurra, scarpe inglesi, la fedele pochette al taschino, orologio importante, capigliatura immobile, oratoria prolissa. Landini no: niente cravatta, la solita maglietta della salute, vestito grigio da grande magazzino, calze bordeaux, scarpe nere con suola blu e lacci beige, e qualche inciampo sul congiuntivo. Due mondi (non solo estetici, va da sé) che hanno deciso di provare a camminare “insieme” perché conviene ad entrambi. Alla Cgil che potrebbe portare a casa vantaggi per chi rappresenta; a Conte in cerca di un suo autonomo consenso rispetto a quelli dei partiti della maggioranza. Conte, quindi, non è un “compagno”. Forse “un quasi compagno”? «È sulla buona strada», risponde Paolo Italia, della federazione della scuola della Sicilia, uscendo dal teatro. «È stata una piacevole sorpresa. Ci ha dato l’opportunità di un confronto che Renzi ci aveva negato». «No, no: non è né un compagno, né un quasi compagno. È un nostro interlocutore – spiega Giuliana Mesina della Cgil Toscana -. Noi siamo sindacalisti: aspettiamo i risultati, le firme sugli accordi. Aspetterei per le sviolinate». Per Pier Alba Fraddanni della Filcams (il commercio) di Livorno «Conte è un uomo delle istituzioni. Ha fatto un bagno di umiltà venendo qui ad ascoltare». Aggiunge Mariapia Cominci della Fiom di Reggio Emilia: «Io ho apprezzato il metodo di Conte. Ha preso degli impegni pubblici. È iniziato un percorso trasparente. Con il precedente governo non andò in questo modo, ma non basta per rivalutare le persone». La Cgil aspetta di leggere la legge di Bilancio. Ma intanto alla fine del confronto non partono – come quasi sempre – le note di “Bella ciao”. Ci sono quelle dei Toto con “Africa”. Tutti d’accordo.