Esistono ancora tanti «champions» italiani che riescono a consolidare le posizioni nel mercato globale decidendo come e dove competere, individuando la giusta organizzazione e interagendo nel contesto. L’internazionalizzazione inizia spesso nei Paesi che presentano differenze psicologiche minime rispetto all’Italia (sia geograficamente che culturalmente) per poi estendersi. Quando le nostre imprese allargano la loro internazionalizzazione si verifica un aumento della complessità per le difficoltà nel leggere ed interpretare le differenze che impattano sui risultati a seconda del settore di mercato, della tipologia del prodotto, della sua strategicità, del suo valore, dell’intensità di lavoro richiesta. Rispetto alle aziende di altri Paesi, quelle italiane hanno un vantaggio competitivo. Quando i nostri imprenditori e manager operano all’estero non hanno un approccio dominante, ma riescono a privilegiare gli argomenti comuni senza avere la pretesa di imporre modelli o sistemi. Coniugato con un livello di problem solving che tutti ci invidiano, questo approccio viene particolarmente apprezzato dagli interlocutori. Ciò non significa che poi non si debbano affrontare problemi legati al superamento delle barriere di ingresso, alla creazione di un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti, al modello di entrata nel mercato. Anche grazie alle nuove tecnologie, sta cambiando la mentalità «prodotto-centrica» e si incomincia a privilegiare l’opportunità di progettare servizi con il cliente. Questa è la sfida più impegnativa che richiede la capacità di intercettare nei vari Paesi la willingness-to-pay for dei clienti.
*Senior partner Poliedros Management Consulting