Tra tutte le vie immaginate dall’uomo per raggiungere l’immortalità, nessuna sembra promettente come la medicina rigenerativa. Lo insegna La trama della vita (Marsilio) di Giulio Cossu, docente di Medicina rigenerativa all’Università di Manchester. «È una nuova disciplina che ha come fine la rigenerazione di tessuti danneggiati e usa cellule, geni e biomateriali al posto dei farmaci tradizionali» dice Cossu. Oggi siamo in grado di utilizzare pezzi di Dna come medicine (terapia genica) e di sostituire cellule danneggiate con altre, le staminali, capaci di trasformarsi in tutte o in molte delle cellule che compongono il nostro organismo (quelle embrionali le ha scoperte giusto vent’anni fa il biologo James Thomson).
«I successi attuali» spiega Cossu «riguardano malattie del sangue e degli epiteli (pelle e cornea), perché in questi tessuti è possibile eliminare le cellule malate e fare spazio per quelle sane. Nei tessuti che non lo consentono (si pensi al cuore o al cervello) occorre trovare strategie alternative, in cui cellule sane o “curate” (cioè geneticamente corrette) possano aiutare quelle malate a funzionare». Ci sono bambini affetti da malattie lisosomiali (patologie genetiche causate da un difetto enzimatico) che dopo terapie di medicina rigenerativa oggi sono sani: molte di queste storie sono italiane, ma «di esse si sa poco o niente, mentre dovrebbero essere motivo di orgoglio nazionale, nonostante la disattenzione della politica verso la ricerca». Studi avanzati sono in corso per il Parkinson, l’atrofia muscolare spinale e malattie del sangue (emofilie e talassemie).
Nel 2006 Cossu ha anche ottenuto ottimi risultati trapiantando staminali su cani con distrofia di Duchenne, la più comune e aggressiva tra le malattie muscolari genetiche: perciò sperava di essere a un passo dalla soluzione ma, con sua grande delusione, l’efficacia del trattamento sull’uomo è risultata modesta. Un nuovo trial è ora in corso all’Università di Manchester: «Se i risultati saranno positivi entro una decina d’anni potremmo arrivare a una concreta speranza di efficacia terapeutica». Nei prossimi anni sarà anche possibile ricostruire organi danneggiati usando cellule del paziente insieme a materiali biocompatibili, o creare in laboratorio mini-reni, mini-fegati, addirittura mini-cervelli a partire da cellule del paziente, per testare gli effetti di un farmaco. Di questo passo, forse un giorno sapremo rigenerare qualunque tessuto. «E, sempre in teoria, potremmo arrivare a vivere per sempre. La domanda successiva è se lo vorremmo davvero».
*Il Venerdì di Repubblica, 16 novembre 2018