«Non possiamo bloccare un’opera come la Tav, ma indubbiamente la si può sottoporre ad una revisione e me ne occuperò personalmente». Sarebbe questa la posizione di Giuseppe Conte, di cui ha discusso negli ultimi giorni sia con gli alleati sia con il suo staff. Una posizione in cui la notizia è che l’opera si farà, magari più piccola, con risparmi che potrebbero superare il miliardo di euro, con meno stazioni sul tratto italiano.
Questa posizione ieri è stata al centro del dibattito interno a Palazzo Chigi, al rapporto fra Lega e 5 Stelle, condita con un doppio compromesso, che da un lato vedrebbe Conte intenzionato ad avocare a sé il progetto, dandosi 6 mesi di tempo per ridiscuterne i dettagli e le varianti con la Francia e la comunità locali, e dall’altra parte registrerebbe il via libera ai bandi di gara («Se partissero non mi preoccuperei, si possono annullare entro sei mesi», ha detto il ministro Danilo Toninelli) che la società Telt deve pubblicare subito dopo la riunione del suo Cda, l’11 marzo, in modo da non perdere 300 milioni di euro di finanziamenti europei. Un passaggio che potrebbe servire a evitare il referendum sull’opera, ipotizzato dal governatore piemontese Sergio Chiamparino, e che dovrebbe coincidere con le Europee.
È dunque una sorta di compromesso il sentiero che sembra aver imboccato l’esecutivo. Di sicuro Conte, e non solo lui, sta esercitando un forte pressing su Di Maio, e ha confidato a più di una persona — mentre sta ancora leggendo il nuovo dossier dell’analisi costi benefici (che boccerebbe di nuovo l’opera per 2,5 miliardi), il Trattato con la Francia e attende ulteriori delucidazioni e informazioni dalla commissione del Mit — che la sua posizione non è distante da quella del ministro dell’Economia, Giovanni Tria, e questo in base a un principio basilare del diritto, anche internazionale: pacta sunt servanda, e quello siglato con la Francia, se venisse disdettato, non solo obbligherebbe l’Italia (oltre a un difficile passaggio parlamentare) a restituire ai francesi alcuni miliardi di euro ma sarebbe un pessimo segnale per tutti gli investitori internazionali, che già sono scoraggiati dai troppi ostacoli che presenta il nostro Paese di fronte agli investimenti esteri.
Anche ieri la Tav è stata al centro del dibattito politico. Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha detto che sarebbe a favore di una decisione della Regione Lombardia di associarsi al Piemonte per un eventuale referendum sull’opera, mentre tiene banco sempre anche il dossier dell’autonomia: «Entro fine settimana dovremmo chiudere tutti i nodi irrisolti», ha detto ieri Matteo Salvini. Ma anche su questo punto sembra profilarsi un compromesso: una decisione con le Regioni prima delle Europee è possibile («mi aspetto un atto qualificato», ha detto Salvini), per il passaggio parlamentare che dovrà approvarla in modo definitivo invece dovremo ancora aspettare alcuni mesi. Ieri sera il Cdm ha varato una delega complessiva sulle semplificazioni dei codici e dei contratti pubblici, mentre la settimana prossima dovrebbe arrivare un decreto legge che corregge immediatamente il codice degli appalti, in modo da consentire di far ripartire molti cantieri. «Siamo nella fase finale», ha detto ieri Conte.