La nuova forma del Movimento è decisa: nascerà un «comitato centrale» e, a cascata, una serie di comitati regionali. Ognuno sarà diviso per referenti — non impegnati in prima linea nelle istituzioni — che gestiranno «in maniera verticale» i temi politici (imprese, difesa, immigrazione, scuola e molti altri). Questa è l’impronta — molto simile a una segreteria politica ma un po’ più flessibile — che Luigi Di Maio vuole proporre ai militanti. Ma il dato politico di giornata è anche il ritorno prepotente, centrale della piattaforma Rousseau nei processi decisionali dei Cinque Stelle. Un ritorno alle origini, segnato da alcune novità dirompenti.
Il Movimento pubblica le regole per le candidature alle Europee — includendo cinque capilista scelti dal leader — e Di Maio annuncia via blog una sorta di rivoluzione copernicana: nuova struttura appunto e possibilità di allearsi con liste civiche alle Amministrative (forse, come ipotizzato tempo fa da Max Bugani, già a partire da fine 2019). Soluzioni che, però, dovranno essere sottoposte al vaglio dei militanti su Rousseau. E non solo. Anche lo scoglio del voto sul caso Diciotti passerà molto probabilmente (e in tempi rapidi) da una votazione online.
Dopo la sconfitta alle Regionali in Abruzzo e i giorni di silenzio pubblico,sfociati internamente anche in momenti di tensione con Davide Casaleggio (superati poi dalla riflessione condivisa che ha dato il la al post sul blog), il vicepremier propone una mediazione tra le due idee linee che hanno animato la discussione nel Movimento: maggiore struttura e più collegialità. Il compromesso è dettato dalla necessità di «bilanciare gli equilibri», come dicono alcuni esponenti pentastellati. E getta le basi per una nuova fase politica. «Dove non siamo pronti dobbiamo smetterla di presentarci», ammette il capo politico dei Cinque Stelle.
Ma la partita del Movimento non è solo interna. La fase di autocritica riguarda anche gli atteggiamenti e i risultati da perseguire in seno all’esecutivo. Ieri Di Maio ha incontrato Conte e sul blog ha ribadito la volontà di proseguire con l’esecutivo legastellato fino alla fine della legislatura. «C’è chi pensa che per vincere in Abruzzo dovevamo far cadere il governo. Questo finché ci sarò io non avverrà». Ma quello che è certo è che i Cinque Stelle hanno intenzione, d’ora in avanti, di vendere cara la pelle per portare a casa alcuni dei loro totem. A partire da Tav. E tra i vertici c’è chi subito mette in chiaro: «L’analisi costi-benefici è la Bibbia».
Linea dura anche sulle nomine per Bankitalia. In questa partita di trattative complicate rientra anche il nodo delle autonomie regionali, che interessa al Carroccio quanto forse l’alta velocità ai pentastellati.
Intanto, in questo clima di incertezza, non si placa la protesta dei falchi. «Si è deciso di trasferire la nostra credibilità ad una forza al 14% (il 17%, ndr) dei consensi», attacca Luigi Gallo.