Per apprezzare la battuta bisogna ricordare la città di provenienza di Vincenzo Boccia e così quella che si è concretizzata ieri davanti agli imprenditori bolognesi è stata una «piccola svolta di Salerno». In pochi giorni siamo passati dal rischio di una manifestazione di piazza degli industriali contro il governo gialloverde all’ipotesi che si apra un tavolo di confronto tra industriali e governo. Di mezzo c’è stata un’intervista al vicepremier Matteo Salvini pubblicata proprio dal quotidiano confindustriale, Il Sole 24 Ore, intervista che Boccia ha giudicato tanto positiva da indurlo, come ha detto lui stesso, «a cambiare agenda». «Le dichiarazioni di Salvini fanno ben sperare il nostro mondo e vanno verso una dimensione di grande responsabilità».
In effetti il leader leghista ha mutato i toni riconoscendo il valore dell’iniziativa privata, della competizione economica, di Industria 4.0 e del gasdotto Tap. Lasciamo agli esegeti del pensiero di Salvini decidere se le parole del vice-premier rechino davvero il segno della piena discontinuità o siano una performance tattica del Capitano, quel che è certo è che hanno riaperto il ponte con la Confindustria e chiuso la fase del muro contro muro.
Boccia dopo averlo minacciato era cosciente che organizzare un corteo di industriali a Roma non era un’operazione facile né dal punto di vista politico né da quello materiale e aveva bisogno che dal governo gli arrivasse un messaggio conciliante. In più sperava anche che la Lega prendesse in qualche modo le distanze dal furore anti-mercatista del M5S e che comunque la discussione dal terreno ideologico si spostasse al confronto programmatico sulle imminenti scelte della legge di Stabilità. Molti di questi obiettivi il presidente li ha portati a casa e ha saggiamente evitato di sfidare la fortuna. Un pareggio in questi casi, per di più in casa dei populisti, vale oro. E così Boccia ha dichiarato chiusa la parentesi dello scontro sul decreto dignità («non creerà e non distruggerà posti di lavoro») e ha promesso di «guardare avanti senza fare polemiche».
In verità il giudizio sui partiti di governo è asimmetrico. Laddove le aperture di Salvini sono valorizzate, gli strali contro i 5 Stelle hanno punteggiato l’intervento bolognese di Boccia. «Non appiattirsi sul presente, non indicare sempre le colpe degli altri» a chi altri è diretto se non ai Di Maio boys? E «chi pensava di essere anti-sistema ieri, oggi è sistema ed è al governo del Paese» non è forse un messaggio inviato allo stesso indirizzo? E ancora: l’enfasi sulle «infrastrutture come precondizione di una società inclusiva» non mira a scavare un solco tra Lega e grillini?
Quale che sia l’esito di queste manovre per ora si volta pagina e il consenso attorno alla piccola svolta di Salerno ieri è stato unanime. In platea, ad ascoltare l’imprenditore bolognese Alberto Vacchi — uno dei pochi che può vantare acquisizioni in Germania — alla sua ultima assemblea da presidente, c’era una robusta delegazione nordestina con i presidenti di Padova-Treviso (Finco e Piovesana) e Pordenone (Agrusti), c’erano i «padri nobili» Alberto Bombassei e Fabio Storchi, il leader di Assolombarda Carlo Bonomi e il presidente di Federmeccanica Alberto Dal Poz. Tutti allineati e rincuorati dal pareggio ottenuto. Però, come sappiamo, domani è comunque un altro giorno di test sul rapporto industriali-governo, nella stagione della legge di Stabilità, ne avremo uno a settimana. E Boccia per godersi lo scampato pericolo dovrà fare almeno un’altra mossa: serrare le fila del partito del Pil per evitare che i 5 Stelle possano mettere in contrapposizione gli artigiani agli industriali, i piccoli ai grandi.