Premessa: non è facile analizzare mese per mese un mercato del lavoro erratico come quello italiano e per di più sottoposto a continui scossoni normativi. Detto questo il rebus dei dati di ottobre ‘19 riguarda il lavoro autonomo che in un solo mese ha visto salire l’occupazione di ben 38 mila unità. Quest’incremento ha finito per colorare l’intero bilancio degli occupati dello scorso mese (+46 mila), infatti l’aumento dei contratti a termine è rimasto limitato a 6 mila unità e ancora più leggera è stata la salita dei dipendenti a tempo indeterminato (2 mila). La conseguenza che se ne può trarre è che la legge Dignità, dopo i primi mesi contraddistinti da un buon ritmo di stabilizzazioni, non sta dando più un apporto significativo al posto fisso. Quanto al resto le tendenze di cui sopra appaiono sostanzialmente omogenee se suddivise per genere, i disoccupati sono diminuiti di 44 mila ma gli inattivi sono aumentati di 25 mila unità.
Il rebus resta per questo mese dunque delimitato alla silenziosa marcia dei 38 mila autonomi. Per provare a capirne di più partiamo dai numeri assoluti: gli indipendenti in Italia possono contare su uno stock attorno ai 5,3 milioni ma finora i flussi — nonostante la mini flat tax varata dal primo governo Conte — erano di tipo negativo. L’occupazione scendeva e infatti, nonostante l’exploit di ottobre di cui abbiamo parlato, sulla lunghezza dei 12 mesi gli autonomi occupati hanno fatto segnare -15 mila e sui tre mesi da agosto a ottobre è ancora peggio: -40 mila. Cosa ha spinto allora un numero così consistente di persone ad aprire una partita Iva proprio in ottobre (che non è mai stato un mese-svolta)? Per tentare di rispondere bisogna analizzare i due input fondamentali che possono influenzare i comportamenti di tante persone: a) l’andamento dell’economia reale; b) l’evoluzione delle norme.
Per quanto riguarda il punto a) vale la pena ricordare come stiamo vivendo mesi di economia piatta e di conseguenza non si può dire che i 38 mila siano stati mossi da una ripresa del Pil, anzi. Quanto alla seconda causa occorre riavvolgere il nastro e rammentare come il nuovo governo giallorosso in una prima fase avesse palesato una certa contrarietà nei confronti della tassa piatta (leghista) al 15% per le partite Iva sotto i 65 mila euro di entrate. Salvo poi cambiare idea e, nella buona sostanza, confermarla con alcune variazioni che riguardano solo il cumulo di redditi.
Cosa è arrivato di queste giravolte politiche al grande pubblico? Non lo sappiamo con certezza ma può essere che un buon numero di persone si sia affrettato ad aprire la partita Iva per cogliere un’occasione di risparmio tributario, magari anticipando gli incassi agli ultimi mesi del 2019 per poter usufruire ancora del vantaggioso regime forfettario. Ma si tratta di un’ipotesi, niente di più. Di sicuro i commercialisti in questi mesi sono stati molto cauti nel trasmettere consigli vincolanti ai loro clienti perché hanno giudicato mutevole l’orientamento del governo. Quale che sia però la spiegazione del piccolo giallo resta che il mondo del lavoro autonomo non è abbastanza monitorato, le stesse associazioni faticano a segnalare gli andamenti e per la politica tutto sommato continuano ad essere degli invisibili.