Sviluppare ulteriormente il risparmio gestito e la bancassurance. E crescere quale Corporate & investment bank dedicata alla media impresa italiana. Sono le priorità di Banco-Bpm per spingere i ricavi e, più in generale, sostenere l’attività del gruppo. Il conto economico dell’istituto nel 2017 è stato contraddistinto dal ritorno all’utile e, più in generale, dall’incremento della redditività. Il risultato netto, senza badwill e svalutazione degli avviamenti, si è assestato a 557,8 milioni rispetto alla perdita netta di 1,33 miliardi del 2016. Il profitto netto adjusted è stato di 13,5 milioni. L’andamento, oltre al calo degli oneri operativi, è tra le altre cose dovuto al miglioramento della qualità dell’attivo(uno dei focus del piano d’impresa 2016-2019). Certo: nel 2017, rispetto all’anno precedente, le rettifiche sono state di molto inferiori anche perché a fine del 2016 erano state effettuate forti svalutazioni in prospettiva della fusione Bpm-Banco Popolare. Al di là di ciò, però, la redditività netta è stata agevolata dalla loro contrazione. Un calo (vedere domanda a fianco) conseguenza di un mix di fattori: dalla vendita di Npl alle riprese sui deteriorati fino al calo dei flussi da “in bonis” a prestiti problematici (-55,3%). Con il che, tra fine 2016 e fine 2017, c’è stata la discesa per 3,172 miliardi dello stock di crediti deteriorati netti.
Tutto rose e fiori, quindi? La realtà è più complessa. Il risparmiatore volge lo sguardo anche al fronte dei ricavi. Qui il margine d’intermediazione reported, sempre alla fine dello scorso esercizio, è diminuito del 2,3%. Il trend della voce contabile induce, inevitabilmente, ad esprimere un dubbio. A domandarsi se la debolezza della prima riga di bilancio possa costituire una preoccupazione per l’istituto di credito. Banco Bpm risponde negativamente. Il dato, è l’indicazione, consegue ad un’attività non ricorrente effettuata nel 2016. In quell’esercizio, ricorda Banco Bpm, a fronte della fusione tra Banco Popolare e Bpm, era stato deciso di concretizzare delle plusvalenze potenziali esistenti sul portafoglio titoli di Bpm. È quest’operazione la causa principale del saldo negativo di 283 milioni del risultato netto finanziario tra fine 2017 e l’anno precedente. Un calo causato, per l’appunto, da una strategia voluta e “one off”. Tanto che, sottolinea sempre l’istituto, i ricavi core (cioè le commissioni nette sommate al margine d’interesse) sono aumentate lo scorso anno del 4,9% rispetto al 2016.
Ciò detto però può ulteriormente sottolinearsi che il margine d’interessereported, una delle componenti del margine d’intermediazione, sia risultato piatto (+0,3%) o in calo (-1%) se depurato dalle voci “one off”. Il che può fare storcere il naso al risparmiatore. Il Banco Bpm, anche in questo caso, non condivide la perplessità. Dapprima viene sottolineato che l’andamento del “Net interest income”, nell’attuale difficile contesto di tassi di mercato prossimi allo zero, è al contrario soddisfacente. Una dinamica concretizzata anche, e soprattutto, grazie al calo del costo della raccolta che tra le altre cose ha consentito di stabilizzare, negli ultimi trimestri, lo spread alla clientela. Inoltre, aggiunge sempre la banca, l’andamento in esame è dovuto alla stessa strategia sul portafoglio titoli. Una gestione prudente dove, a fronte del venire a scadenza dei vecchi bond, la loro sostituzione con nuove emissioni, caratterizzate da rendimenti inferiori, giocoforza incide sul contributo dello stesso portafoglio al margine d’interesse. In conclusione, quindi, l’istituto non vede alcuna problematica particolare sul tema in oggetto.
Fin qua alcune considerazioni riguardo i numeri del 2017: il risparmiatore è però interessato alle strategie di sviluppo del business. Un focus, per l’appunto, riguarda la spinta sul fronte delle commissioni da risparmio gestito. La riprova? Una tra le tante la offre la raccolta indiretta. Qui, nello scorso anno, c’è stata l’accelerazione di quella gestita (+7,5%) che ha aumentato la sua incidenza sulla stessa raccolta indiretta (dal 60% a fine 2016 è arrivata al 63%). Peraltro, sempre in ottica di risparmio gestito, la banca ha nel radar la liquidità in mano alla clientela della banca stessa. Un esempio? Nel 2017 sono scaduti circa 4 miliardi di bond retail non rinnovati. Ebbene: non è fantafinanza ipotizzare che questi denari potranno essere oggetto di un’offerta di consulenza e/o gestione da parte dello stesso istituto.
Istituto che d’altro canto, oltre allo sforzo nel private banking con Banca Aletti, punta molto anche sulla bancassurance. In settimana è stata perfezionata l’alleanza con Cattolica Assicurazioni. L’intesa da un lato porterà la compagnia veronese ad acquisire il 65% rispettivamente in Avipop Assicurazioni e in Popolare Vita (che cambieranno nome). Dall’altro lato definisce una partnership commerciale nei rami vita e danni, sulla rete ex Banco Popolare, della durata di 15 anni. Inutile dire che Banco Bpm si attende un contributo importante dall’intesa.Insomma: l’impegno di Banco Bpm sul risparmio gestito è nei numeri e nelle mosse dello stesso istituto.
A fronte di un simile contesto, e di là dal tema del bancassurance, il risparmiatore però ricorda che dal primo gennaio 2017 è entrata in vigore la Mifid2. La direttiva prevede una stretta proprio sul fronte dei risparmio gestito a tutela del risparmiatore. Un passo in avanti importante che, con riguardo alle istituzioni bancarie qual è Banco Bpm, può porre dei limiti alla crescita su questo fronte. Banco Bpm, sottolineando la positività della maggiore tutela del risparmiatore, si dice non preoccupato. In primis, viene spiegato, l’istituto ha modificato l’approccio del suo network commerciale. Non più focalizzato sul singolo prodotto, bensì improntato alla consulenza di portafoglio. Una strategia che, è l’indicazione, da un lato agevola la crescita del business stesso; e dall’altro va proprio incontro alle richieste della Mifid2. Non solo. Banco Bpm aggiunge che, a ben vedere, la pressione maggiore potrà aversi sulle fabbriche prodotto. Con la cessione di Aletti Gestielle SGR, l’istituto sottolinea di non essere più presente a monte nella filiera produttiva. A fronte di ciò la Mifid2 non è vista come un problema bensì come opportunità.
Ma non è solamente il risparmio gestito. Altra priorità, oltre il proseguire nell’integrazione tra Bpm e Banco Popolare e la realizzazione di sinergie (quelle di costo sono state alzate a circa 400 milioni per il 2019), è lo sviluppo di un polo di corporate e investment banking dedicato alla media impresa italiana. Su questo fronte sono state definite tre strutture. Una è quella che offre, ad esempio, servizi sull’export (sviluppo di piattaforme condivise con banche estere dove l’impresa trova informazioni su modalità, o possibilità, di esportare i suoi prodotti). La seconda invece, più prossima all’attività di lending vera e propria, è chiamata di “origination”. Cioè: Banco Bpm ha individuato specifici comparti (dal food&beverage fino alla meccatronica) dove sono messi a disposizione tra le altre cose plafond che finanziano l’impresa (con a garanzia, ad esempio, quote di magazzino delle società). Infine c’è l’attività tradizionale di M&A, equity e debt capital market riconducibile a Banca Akros. Insomma: grazie all’offerta di servizi a valore aggiunto, oltre che di nuove forme di sostegno alle imprese, si vogliono spingere le commissioni da Corporate & Investment bank. Sennonché il risparmiatore fa il seguente ragionamento: molte banche italiane, nei loro piani d’impresa, sottolineano il focus sulle Pmi. Vale a dire: la concorrenza su questa tipologia di business è forte; il che può limitare la crescita di realtà quali Banco Bpm. L’istituto non condivide la valutazione. Dapprima, è l’indicazione, l’incremento previsto nel Corporate Investment Banking, rispetto al settore in Italia, è comunque limitato. Quindi, viene sottolineato, c’è spazio per crescere. Inoltre la banca punta a sfruttare le sinergie con la sua rete commerciale (vedere domanda a fianco). Un network, dice Banco Bpm, che le consente di essere vicino alle circa 3.000 aziende target e di reagire in tempi rapidi alle varie richieste. Una prossimità territoriale e funzionale che altre realtà, ad esempio i grandi istituti internazionali, non hanno. A fronte di un simile contesto l’istituto dice di non vedere particolari problematiche sul tema in oggetto. Tanto che, con riferimento alla Corporate & Investment bank, Banco Bpm conferma l’obiettivo al 2019 di commissioni per circa 580 milioni.