Il risultato delle elezioni regionali in Friuli- Venezia Giulia assume un significato nazionale. Nonostante la caratterizzazione specifica, anzi, “ speciale” di questa regione. Tanto più perché riflette alcune tendenze emerse in Molise. La settimana precedente. Lette contestualmente, le due consultazioni chiariscono il clima di “ sospensione” che avvolge il sistema politico. In Friuli- Venezia Giulia, a differenza che nel Molise, l’insuccesso del M5s è, infatti, apparso eclatante. Tanto più se confrontato con il voto del 4 marzo.
In entrambi i casi, comunque, si è assistito allo stesso esito. L’affermazione del Centro-destra. Insieme al risultato deludente del Centro-sinistra. In particolare del Pd. La differenza principale riguarda il diverso soggetto politico “vittorioso”. Nel Molise, infatti, aveva prevalso Donato Toma, candidato di Fi. In Friuli- Venezia Giulia, invece, si è imposto Massimiliano Fedriga, insieme alla Lega. In modo davvero clamoroso. Come ha rilevato, con la consueta puntualità, l’Istituto Cattaneo, i consensi per la Lega Nord sono cresciuti di altri 15 punti percentuali rispetto al dato, già positivo, delle Politiche del 2018 ( 25,8%). Così, oggi, in Friuli- Venezia Giulia, la Lega può contare su una percentuale di consensi che supera il 40%. E rafforza la sua posizione dominante nel Nord Est. Visto che governa anche in Veneto. Saldamente. Da oltre vent’anni. Mentre il Friuli- Venezia Giulia (insieme al Trentino-Alto Adige) è una “Regione speciale”… Governata dalla giunta Serracchiani. Di Centro-sinistra. Fino a domenica scorsa.
Più che di Forza-Leghismo, dunque, in quest’area conviene parlare di Lega- forzismo. Dal quale si distingue per il minor peso di Berlusconi e di Forza Italia. E dunque di Milano. Il Lega-forzismo, ancor più del Forza- leghismo ( una delle tante suggestioni lasciate da Edmondo Berselli), rappresenta il legame stretto fra piccole imprese, piccole città e società locale.
E ciò pone in evidenza il problema del M5s. Si tratta, infatti, di un non-partito che non ha territorio. Il suo territorio: è la Rete. La sua identità: è digitale. Il M5s: esercita la “democrazia della sorveglianza”. La « contro- democrazia » , per citare Pierre Rosanvallon. Così il suo “ rendimento elettorale” cresce soprattutto alle elezioni nazionali, oppure in contesti metropolitani ( come Roma e Torino). Dove la presenza sul territorio pesa ( relativamente) meno. E il voto può divenire uno strumento per esprimere dissenso verso il sistema politico. Verso i gruppi dirigenti. Tuttavia, quando le elezioni servono a scegliere chi dovrà governare la realtà locale e rappresentarne gli interessi in Parlamento, allora servono candidati conosciuti. Affidabili. Perché è difficile fidarsi di chi non conosci. Per questo, è necessaria una presenza diffusa sul territorio. Una risorsa di cui dispongono la Lega e i partiti tradizionali. Soprattutto di Centro-destra, nel Nord Est, dove la Sinistra non ha mai avuto cittadinanza. Se non in alcune aree molto de-limitate. Così la Lega in Friuli-Venezia Giulia ha stravinto. Su tutti. Ma soprattutto sulla Sinistra. Che costituisce il vero “nemico”. Forza Italia ha ottenuto un risultato modesto. Ma poco importa. Perché la Lega ha bisogno di Forza Italia e di Berlusconi. Se vince la Lega, dunque, vince anche Berlusconi. D’altronde, in Molise, il suo candidato non si sarebbe imposto, altrimenti.
Così si ripropone e si riproduce la nuova geografia nazionale, emersa alle elezioni del 4 marzo. Una mappa che vede il Forza- leghismo, meglio: il Lega- forzismo, sempre più forte nel Centro-Nord mentre il M5s pesa dovunque. Ma, soprattutto, nel Centro- Sud, dove è divenuto il partito di bandiera. Mentre la Sinistra è sbiadita dappertutto. Simmetricamente, questa geografia segna anche il limite del M5s. Perché è forte “in ogni luogo” e dunque “in nessuno più degli altri”. Soprattutto perché, come si è visto dopo due mesi di negoziati inutili, non ha “ capacità coalizionale”. Non è in grado di dialogare e formare alleanze, dopo aver intercettato i voti “contro tutti”. A maggior ragione, neppure “prima” delle elezioni. Visto che alle Regionali funziona un sistema maggioritario, nel quale chi arriva primo vince. Anche per questo, in Molise, il candidato del M5s, ancora primo partito in Regione (anche se in calo rispetto alle Politiche), è stato battuto. Perché “ soli contro tutti” si perde.
L’esito del voto, in due Regioni, per quanto piccole, delinea il segno della nuova stagione politica dell’Italia. Che sta diventando “incolore”. Come sottolinea il successo in Friuli-Venezia Giulia, della Lega di Salvini. Divenuta, ormai, un “ partito personale”. Meglio ancora: la Lega Nazionale. Come il Front National dell’amica e alleata Marine Le Pen.
Ma ciò apre un evidente vuoto di rappresentanza territoriale. La “ questione settentrionale”, imposta dalla Lega di Bossi negli anni Ottanta, oggi ha perduto senso. Il Po, ormai, è un fiume “significativo”. Ma non il luogo “ sacro” delle origini. In questo modo, però, cambia significato anche la “questione nazionale”, come l’abbiamo conosciuta. A meno che il M5s, forte del successo nel Sud, non decida di riaprire la storica “Questione meridionale”…