Il decreto sicurezza bis può attendere. Matteo Salvini ha fretta di impugnare un’altra arma legislativa contro «scafisti, camorristi, spacciatori e teppisti da stadio», ma l’energica moral suasion del Quirinale e la forte preoccupazione dell’Onu frenano l’iter del provvedimento. «Non vedo l’ora che diventi realtà», spronava ieri Salvini, mentre il premier Giuseppe Conte cercava una soluzione al rebus del Consiglio dei ministri.
A sera la riunione attesa da dodici giorni e prevista per oggi non era stata ancora convocata, tanto che in tv Salvini forzava la mano: «A me risulta di sì». Il premier, che si è arrovellato per giorni per sminare il vertice, è stato fino all’ultimo tentato di rinviare tutto. Finché alle dieci di sera ha dato il via libera alla convocazione più sofferta del suo mandato. In vista della bufera post—voto, che potrebbe travolgerlo, Conte punta a muoversi in sintonia con il Colle e avrebbe volentieri tolto di mezzo il decreto—bandiera della Lega, senza nemmeno appoggiare i faldoni sul tavolo. Ma Salvini non gradisce altri «rallentamenti da campagna elettorale», ha fretta di «andare a lavorare» al Viminale e ha spronato pubblicamente Conte ribadendo che «il decreto è pronto». Un assaggio della sua ira, se il Cdm fosse stato rinviato. E così l’avvocato pugliese si è rassegnato a presiedere un Consiglio che a Palazzo Chigi chiamano «light», o «vuoto».
La riunione avrà all’ordine del giorno le nomine e un disegno di legge sui magistrati onorari: un testo che sa di mancia elettorale perché, dopo svariate proroghe, mantiene in servizio i giudici di pace fino a 68 anni. Quanto ai due decreti che spaccano il governo, sicurezza e Famiglia, Conte ha deciso di portarli in Cdm per un «esame preliminare». Un passaggio formale che consenta a Salvini e Di Maio gli ultimi spot elettorali, mentre il voto sui provvedimenti slitterà a dopo il 26 maggio.
La seduta potrebbe avvenire in due tempi. Nel primo pomeriggio, se il braccio di ferro sulle nomine e sul riordino del Mef si placa, la ratifica di Biagio Mazzotta alla Ragioneria generale dello Stato e di Giuseppe Zafarana al vertice delle Fiamme Gialle, sempre che il generale piacentino riuscirà a spuntarla su Edoardo Valente. Alle 20, poi, l’esame lampo dei decreti. Luigi Di Maio, nella tempesta istituzionale sulla nave Sea Watch, ha fatto a pezzi il testo con cui Salvini vuole punire chi porta in Italia migranti irregolari. Finché le diplomazie incrociate dei due partiti hanno trovato una mezza intesa e il capo politico del M5S ha fatto sapere che «non ci piace, ma non ci opporremo». In cambio il ministro del Lavoro ottiene che la Lega non ostacoli gli aiuti alla Famiglia, anche se il Quirinale non vuole un altro decreto di cui non vede l’urgenza.
Conte intanto ha annullato la missione in Ucraina e oggi sarà nella più vicina Umbria, in visita a sorpresa nelle zone terremotate. Il premier prova a tenersi al riparo dalla rissa perpetua tra i due leader, non vuole farsi tirare nella mischia e aspetta il responso delle urne, fiducioso che il 27 maggio il governo sarà ancora in piedi. Se la Lega vincerà senza trionfare e il M5S resterà sopra al 20%, è il ragionamento condiviso con i collaboratori, la nave dell’esecutivo riprenderà il viaggio. «Con un risultato equilibrato Salvini non potrà battere cassa — è l’avviso dei pentastellati che frequentano Palazzo Chigi — In Parlamento abbiamo la maggioranza e chiedere un rimpasto sarebbe una forzatura».
La campagna del M5S per stoppare le ambizioni del «Capitano» è pronta: «Davvero la Lega farebbe cadere il governo per le poltrone?». Se per restare in piedi ci fosse in gioco un sottosegretario o poco più, i 5 Stelle non si metterebbero di traverso. Ma guai se a Salvini, forte del consenso di elezioni europee e non politiche, venisse la tentazione di ribaltare il tavolo. «Si assumerebbe la responsabilità di far cadere il governo», va ripetendo Conte. Per i 5 Stelle il ministro dell’Interno «infiamma lo scontro, attacca la magistratura, scatena fischi contro il Papa, provoca Conte…». Ma ultimamente, raccontano, «qualche frizione» si avverte anche tra Di Maio e il premier.