Con tutta probabilità avremo a breve un contratto collettivo che regolerà il lavoro dei rider, i ragazzi che ci portano a casa il cibo e che sono diventati in un lasso di tempo relativamente breve l’emblema stesso della condizione giovanile in Italia. Del resto lo zoccolo duro della nostra disuguaglianza è rappresentato proprio dai giovani, dal mancato ingresso nel mondo del lavoro, dalla predominanza – per loro – di forme contrattuali a termine e dal conseguente rinvio dei progetti di vita che tutto ciò inevitabilmente comporta. Pietro Ichino qualche anno fa non aveva esitato a parlare di apartheid e purtroppo le cose non solo non sono migliorate ma, anzi, le trasformazioni di fondo che stanno interessando il mercato del lavoro sembrano andare a scapito delle nuove generazioni. I rider, dunque, costituiscono al di là della loro rilevanza quantitativa un simbolo ed è un bene che si sia trovato in breve tempo e in sede ministeriale un percorso comune tra il nuovo responsabile del dicastero, Luigi Di Maio e i rappresentanti delle piattaforme digitali datrici di lavoro.
La prima bozza di un ipotetico decreto chiedeva l’assunzione di tutti i fattorini ma di questa ipotesi ieri non si è parlato. Vedremo nei prossimi giorni se è stata definitivamente accantonata o se invece Di Maio si riserva di usarla in un secondo tempo come deterrente .
Quel che appare certo è che le varie Foodora e Deliveroo non hanno nessuna intenzione di assumere tutti i loro rider visto che i dati di cui dispongono parlano di un lavoro temporaneo e con un arco di impegno orario limitato. Superamento del cottimo, rafforzamento delle tutele assicurative e contributive, salario e inquadramento unico, trasparenza degli algoritmi sono invece tutti capitoli che possono concorrere a raggiungere una mediazione equa.
Dal punto di vista delle relazioni sindacali l’iniziativa del ministro Di Maio ha in qualche modo ridisegnato la rappresentanza novecentescavisto che né le piattaforme né i fattorini hanno finora costituito un’associazione o un loro sindacato ed è possibile che l’esito positivo dell’incontro di ieri li porti a farlo. Così come è possibile che tornino in gioco i sindacati confederali, che avevano fatto inserire nel contratto nazionale della logistica un esplicito rimando a un possibile negoziato sui rider. Non ci si deve stupire di queste novità né tantomeno preoccuparsene, l’importante è che l’opinione pubblica percepisca che ci si prende cura della condizione giovanile e che gli stessi ragazzi non siano portati a coltivare ulteriore rancore nei confronti di quella società che dovrebbe accoglierli a braccia aperte. Il recupero di una dialettica tra le generazioni passa anche attraverso momenti come questo, l’obiettivo di tutti, vincitori e vinti delle elezioni politiche, è evitare che la disuguaglianza delegittimi la democrazia. Sarebbe un danno con effetti più lunghi della durata di una legislatura.
Ben avviato il primo dossier a cui ha messo mano, il ministro Di Maio prenderà in esame gli altri capitoli del suo «decreto dignità» e allora verranno fuori le vere insidie. Le indiscrezioni parlano della volontà di affrontare di petto il delicatissimo tema dei contratti a termine modificando e irrigidendo il decreto Poletti. Magari fosse così facile: le trasformazioni del mercato del lavoro di cui parlavamo richiedono un sovrappiù di ricognizione e soprattutto un franco dialogo con le imprese. Una modifica al buio o per decreto non avrebbe gli effetti sperati, creerebbe solo altra confusione.