Cosa c’è di più umano se non l’intelligenza? Eppure, sempre più spesso e anche fuori dall’elitaria cerchia degli ambienti scientifici, negli ultimi anni si sente parlare oltre che di intelligenza biologica, anche di quella artificiale e aumentata. Lo scopo è avvicinare le macchine al funzionamento del cervello umano. Tuttavia, nonostante gli enormi progressi degli ultimi dieci anni, siamo ben lontani dal rendere fungibile quel marchingegno perfetto che è la nostra mente e il nostro intelletto.
Ne è sicuro il professor Marc Mézard, uno degli ospiti di punta dell’edizione 2019 di Trieste Next che, su questi temi, ha tenuto una keynote lecture dal titolo “Verso l’era dell’intelligenza aumentata?”. Marc Mézard è direttore dell’École Normale Supérieure, fisico teorico. Ha svolto molti studi sull’intelligenza artificiale.
Professore, l’informatica avanzata e l’intelligenza artificiale possono compiere azioni che sembrerebbero competere solo all’uomo?
Io credo che sia improprio parlare di intelligenza proprio perché le macchine sono incapaci di adempiere alcune funzioni che sono invece un attributo essenziale dell’uomo, vale a dire stabilire nessi di causalità e relazioni spazio-temporali. I computer hanno fatto moltissimi progressi ma non hanno la coscienza e le capacità relazionali che ci sono proprie fin da piccoli. Insomma, siamo lontanissimi dal raggiungere l’intelligenza umana.
In quali campi sono stati fatti i progressi più significativi?
Nella segmentazione delle immagini, nella loro decomposizione e descrizione ci sono stati notevoli miglioramenti. Ora computer e motori di ricerca tramite gli algoritmi sono in grado di riconoscere e suddividere le immagini, differenziare un gatto da un cane. Anche nel linguaggio e nella traduzione simultanea sono stati fatti notevoli passi avanti e credo che a breve potremmo essere in grado di capire e farci capire ovunque grazie alla tecnologia. Ma si tratta di progressi su ambiti ben definiti. Il computer traduce bene una frase ma non ne capisce il senso. Aumenta la nostra intelligenza ma non la sostituisce ancora. Una vera e propria rivoluzione…Sì certo, paragonabile all’invenzione della scrittura o delle stampa. Entrambe hanno permesso all’uomo di liberare spazio nella memoria.
Quindi siamo davanti a una sorta di mutazione e l’uomo, grazie ai supercomputer, avrà più “spazio libero”. Ma per cosa?
Non è un cambiamento pianificato, dovremo adattarci. Ma la vera intelligenza umana è la creatività, è il patrimonio al quale dovremo attingere per usare in campi diversi concetti inventati per altre destinazioni. Mi auguro che le nuove generazioni sappiano farlo.
Lei è ottimista o perplesso davanti alle nuove potenzialità offerta dall’IA?
Realista! Credo che le nuove generazioni sapranno inventare ma, allo stesso tempo temo gli effetti collaterali dell’incrocio tra le reti neurali artificiali, i big data, e la capacità di calcolo offerte dall’IA. In teoria l’uso degli algoritmi per il riconoscimento facciale potrebbe condurre alla sorveglianza generalizzata della popolazione. Molto positivo, invece, è l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nella medicina personalizzata.
Trieste ospita alcuni istituti di eccellenza di ricerca ed è riconosciuta a livello internazionale come città della scienza. Manifestazioni come Trieste Next e Esof 2020 contribuiranno a consolidare questa fama?
Il ruolo di Trieste, dove prima o poi passano tutti gli scienziati di livello, è ben conosciuto nella comunità scientifica. Credo che queste manifestazioni abbiano il compito fondamentale di far interagire e avvicinare questo mondo alla città e alle persone che non se ne occupano».
*Il Piccolo, 27 settembre 2019