Indagini vintage in un Giappone vintage, quelle di Kindaichi Kosuke. Recuperati ora da Sellerio (un po’ come Adelphi con te storie di Matsumo- to Seicho) ma apparsi negli anni Settanta, i noir di Yokomizo Seishi sono ambientati qualche decennio prima. Lo scenario de La locanda del Gatto nero, così, è una città del dopoguerra, in cui «disordine e malsani costumi si diffusero ancor più capillarmente che nel periodo prebellico». Ci si affanna a reinventarsi la vita, costi quel che costi. Tutto è un «pullulare di commerci sospetti».
E di omicidi. Perché di questo si tratta: di un’indagine di polizia che scatta quando vicino a un’equivoca locanda \iene scoperto un corpo malsepolto. Un altro seguirà. È nella seconda parte del libro che entra in gioco l’acume del protagonista, lo stesso del precedente Il detective Kindaichi, investigatore dilettante e un po’ balbuziente. L’impianto geometrico, quasi a tesi dell’intreccio, rimanda ai noir di Tanizaki Jun’ichiro: il gioco di specchi delle identità e dei nascondimenti è ciò che interessa all’autore. Poche parole ben assestate: il monaco Niccho, per dire, è un mezzo cadavere lui stesso, con «una fronte dal colore grigiastro» e «due grosse vene simili a vermi che strisciavano sottopelle». Ma la verità e la fiducia negli esseri umani e nei tegami, suggerisce Yokomizo, sono messe peggio, molto peggio di Niccho.
*Corriere della Sera, 30 maggio 2020