Sull’Alta velocità Torino-Lione, il tempo per le decisioni sta per scadere perché la Ue dà un ultimatum all’Italia: data di scadenza fissata per fine marzo 2019, pena il taglio di 300 milioni di fondi europei.
Così, dopo l’approvazione della mozione-ossimoro votata dal M5S e dalla Lega alla Camera («Ridiscutere integralmente il progetto nell’applicazione del trattato tra Italia e Francia»), Matteo Salvini innesta di nuovo la retromarcia e torna a dire che «non c’è alcun blocco della Tav» e che «l’opera si farà assolutamente». Anzi, il vicepremier e ministro dell’Interno fa di più e apre alla proposta di una consultazione popolare caldeggiata dal governatore Sergio Chiamparino (Pd): «Ai referendum siamo sempre e comunque favorevoli».
Il tempo stringe, dunque. Una fonte ufficiale dell’Unione europea, citata dall’agenzia Reuters, confermava anche ieri che sarebbe previsto un taglio di 300 milioni di euro di fondi europei se le offerte per le gare della Tav non saranno lanciate entro la fine di marzo. E seguendo questo calendario, che a Bruxelles tengono d’occhio con attenzione, è chiaro che i bandi di gara devono essere sbloccati entro due settimane. Per questo la Tunnel Euralpin Lyon-Turin (Telt), la società mista governo francese ferrovie italiane, dovrà presto uscire dallo stand-by per raccogliere le manifestazioni di interesse delle aziende che dovranno realizzare i vari lotti della Tav.
Con queste scadenze ormai improrogabili, il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli (M5S), ha una sola certezza che però tiene conto del pressing della Lega: «Tempo due settimane al massimo decideremo, come abbiamo sempre deciso nella maggioranza». Ma l’ala grillina legata ai No Tav non cambia obiettivo: «Chiamparino non faccia perdere altro tempo ai piemontesi con il referendum», attacca la consigliera regionale Francesca Frediani. Che aggiunge: «Quelli del Pd sono disperati perché il governo ha preso atto dell’esito dell’analisi costi-benefici e ora, nel rispetto del contratto di governo, prenderà l’unica decisione possibile: fermare il Tav».
L’ultimatum Ue
A rischio 300 milioni di fondi europei se entro marzo i bandi non saranno pubblicati
Ma a sentire i commenti del giorno dopo dei colonnelli della Lega (che non hanno partecipato alla votazione sulla mozione della maggioranza), l’analisi costi benefici e l’atto che impegna il governo a «ridiscutere integralmente il progetto» sono più o meno carta straccia: «Quella mozione — dice il capogruppo del Carroccio Riccardo Molinari che pure l’ha firmata — è stata scritta per tenere insieme la maggioranza su un tema divisivo e su una provocazione delle opposizioni». La Lega, aggiunge Molinari che è piemontese, «non sarebbe disposta a votare in Aula una modifica della legge che servirebbe a non fare più la Tav».
Il viceministro alle Infrastrutture Edoardo Rixi (Lega) vuole aprire i cantieri, ma un po’ più a Est: «Procedere con le opere che possono essere cantierizzate subito come la Brescia-Verona e la Verona-Vicenza». Per Massimo Garavaglia, sottosegretario all’Economia e uomo di fiducia di Salvini, rivedere il progetto significa mettere le mani, semmai, sulla «faraonica stazione di Susa».
Raffaella Paita (Pd) interpreta così le parole del capogruppo della Lega: «Molinari dice che la Lega non voterà mai per lo stop della Tav? Lo ha appena fatto. Perché votare la revisione integrale del progetto significa ricominciare da capo dopo anni di studi, di approvazioni, di revisioni».
L’altro fronte
Paletti del Movimento sull’autonomia Buffagni: «Va fatta bene e non per titoli»
Se dunque la Lega prova il doppio gioco sulla Tav, la rappresaglia del M5S non tarda ad arrivare e punta all’autonomia regionale differenziata cara ai governatori della Lega: «Va fatta bene e non per titoli perché con l’istruzione e con le risorse per la scuola non si scherza», ha detto il sottosegretario Stefano Buffagni (M5S) in risposta alla quotidiana rivendicazione sull’autonomia fatta dalla ministra Erika Stefani della Lega.