Da un lato ci sono i paletti della Lega: niente reddito di cittadinanza a chi non ha lavorato almeno due anni nella propria vita, oppure sussidio rinnovabile al massimo una volta, e non di più (come invece prevede il decreto iniziale). O ancora: obbligo di servizio civile se chi chiede il reddito ha tra i 18 e i 28 anni; obbligatorie per i beneficiari fino a 36 ore a settimana di lavori socialmente utili (anziché 8); controlli molto più stringenti sui cittadini extra-Ue che richiedono il sostegno. E poi quel divieto di cumulabilità degli incentivi per chi assume un beneficiario del reddito under 35 o disoccupato del Sud Italia che fa saltare sulla sedia la ministra per il Sud Barbara Lezzi, «sono basita e sconcertata». Dall’altro lato, c’è il Movimento Cinque Stelle che – a pochi passi dalla trasformazione in legge della sua misura bandiera ora in discussione in commissione Lavoro al Senato (in Aula andrà il 19 febbraio) – in mezzo ai quasi 1.600 emendamenti presentati, si trova limiti messi dal proprio alleato di governo nelle sue 43 proposte di modifica, a partire dal no al cumulo di reddito e bonus Sud presentato dal capogruppo della Lega Massimiliano Romeo. «Mi auguro – dice la ministra Lezzi – che i senatori del Mezzogiorno della Lega intervengano e che l’emendamento venga ritirato quanto prima», anche perché «il Movimento non lo voterebbe».
E pensare che invece nei 34 emendamenti a firma Cinque Stelle si scoprono alcune aperture rispetto al «Decretone» approvato dal Consiglio dei ministri. Come l’aumento del beneficio massimo che dà fino a 200 euro in più al mese aumentando i parametri per le famiglie con figli minorenni e disabili e portando fino a 1.530 euro al mese a famiglia. O l’estensione degli incentivi all’assunzione dei beneficiari del reddito anche per i lavoratori domestici, cioè colf e badanti, a patto che, però, «i datori di lavoro non recedano dal rapporto di lavoro, fatto salvo il recesso per giusta causa». Il sussidio potrebbe poi aumentare del 30% nei casi in cui i figli maggiorenni siano universitari fuori sede distanti almeno 100 chilometri dal comune di residenza. E l’esclusione dal reddito per un anno per chi si dimette vale solo per il disoccupato e non per l’intera famiglia.
Ma i Cinque Stelle prevedono anche sanzioni maggiorate del 20% per chi utilizza lavoratori in nero che percepiscono il reddito e l’esclusione per chi viene condannato. E la Guardia di Finanza dispone «un rafforzamento delle ispezioni nel settore della spesa pubblica, con particolare riguardo alle misure per il contrasto alla povertà, destinate ad essere assorbite nel reddito di cittadinanza».