Da un paio di mesi, da quando è uscito il testo più o meno definitivo della nuova flat tax sulle partite Iva che parte nel 2019, molti professionisti, lavoratori autonomi e piccole imprese hanno smesso di fare le fatture. Chi può preferisce rinviare gli incassi per restare nel 2018 sotto il tetto di fatturato dei 65 mila euro che fa scattare la tassa piatta del 15% sui redditi del prossimo anno. Su tutti i redditi maturati, e non solo su quelli sotto i 65 mila euro. Perché la flat tax, che più scaltri hanno capito subito, funziona proprio così. Si accede al regime sulla base del fatturato dell’anno prima. E non importa quanto si guadagnerà: anche 4 milioni di euro verrebbero tassati al 15%. Anzi meno, perché c’è anche un cospicuo abbattimento forfettario dell’imponibile, così si finisce per pagare, effettivamente, anche solo l’11,7 per cento sul reddito realizzato. E i benefici, sforando il tetto, si perdono solo nell’anno successivo
La norma contenuta nel decreto fiscale che accompagna la manovra,prevede che chi supera i 65 mila euro di fatturato, l’anno dopo debba uscire dal regime forfettario del 15%. Se le fatture emesse superano i 65 mila, ma non i 100 mila euro, rientrerà nella flat tax al 20%, che a differenza di quella al 15% è su base analitica, e non forfettaria, e partirà dal 2020. Se vanno oltre quella cifra si ricadrà, invece, nel regime ordinario delle partite Iva, i cui redditi confluiscono poi nell’Irpef dei titolari, tassati all’aliquota marginale.Ma non si dovrà restituire nulla o versare imposte integrative. A differenza di quanto avviene per vari altri regimi fiscali, dove il venir meno dei requisiti di accesso nel corso dell’anno fa decadere le agevolazioni o i bonus. Come, ad esempio, per gli 80 euro al mese del governo Renzi per i lavoratori che guadagnano fino a 26.600 euro, che se hanno scavalcato quel tetto nel corso dell’anno devono restituire, al momento della dichiarazione dei redditi, tutto il bonus percepito.
Per come si rivela, la flat tax è dunque una vera e propria manna dal cielo,e non solo per i piccoli, per cui sembrava pensata. L’unica precauzione contro gli arbitraggi è la norma che vieta, a chi è in regime di flat tax, di fatturare prevalentemente nei confronti degli ex datori di lavoro. Serve per evitare la trasformazione del lavoro a tempo indeterminato in lavoro autonomo, ed è stata ribattezzata norma «antifurbetti». Ma il tetto dei 30 mila euro di reddito da lavoro dipendente che oggi impedisce l’apertura di una partita Iva è saltato, e da gennaio tutti i dipendenti possono farsene una, fatturando al 15% eventuali consulenze o collaborazioni, anche milionarie.
«Per carità, è l’unica misura fiscale non penalizzante di una manovra piena di tasse» dice l’ex vice ministro dell’Economia, Enrico Zanetti, che di mestiere fa il commercialista, «ma così come è stata scritta, questa norma può essere anche molto distorsiva. Determina tra i contribuenti dei carichi fiscali molto differenti su redditi equivalenti» dice Zanetti. La prospettiva di uscire dal regime di flat tax solo l’anno successivo, e di beneficiare di un maxi sconto senza tetto per l’anno in corso, potrebbe spingere i titolari a organizzare di conseguenza la propria attività, come qualcuno sta già facendo. Conviene stare bassi con il fatturato per un anno, rinviare fatture e incassi, e giocarsi il jolly in quello successivo. Un anno al lavoro, e magari uno in vacanza alle Maldive.