«È finito il tempo delle incertezze, delle acrobazie, delle ambiguità. Noi siamo seri. Con il nuovo governo, senza Salvini, il nostro atlantismo sarà ancora più solido». Ecco la linea che Giuseppe Conte si prepara a consegnare a Trump. Quando il premier atterra al JFK è già buio su New York. L’avvocato porta in dote lo scalpo a forma di colbacco di Matteo Salvini. Ed è pronto ad offrirlo al Presidente degli Stati Uniti, a margine dell’assemblea generale delle Nazioni Unite che si apre oggi sull’isola di Manhattan. Non è un gesto da poco, considerato il fastidio dell’amministrazione della Casa Bianca per la passione russa del leghista. «Senza Salvini e con il Pd al governo – è il ragionamento che il capo dell’esecutivo esporrà al magnate Usa – non ci saranno più cacofonie in politica estera».
Non tutto è definitivamente chiarito, in realtà. Perché l’Italia ha tanto da chiedere e gli Usa molto da pretendere, nei prossimi mesi. Per avvicinare le posizioni sui dossier più urgenti, le due diplomazie hanno lavorato a lungo a un vero e proprio bilaterale che, almeno al momento, non sembra confermato. Per favorire un contatto tra i due leader, allora, il consigliere diplomatico di Palazzo Chigi Piero Benassi si incontrerà oggi stesso con Robert O’Brien, nuovo consigliere per la Sicurezza nazionale. L’obiettivo è far sedere Conte vicino a Trump già domani nella prima cena tra capi di Stato. Non è escluso, però, che proprio dalla trasferta alle Nazioni Unite possa venire fuori una novità: un viaggio di Trump a Roma, nei prossimi mesi.
Non è solo l’harakiri di Salvini al Papeete a dare senso alla missione internazionale del premier, ovviamente. Gli Stati Uniti, non è un mistero, hanno a lungo contestato l’approccio del governo italiano sul dossier venezuelano. Colpa dell’ostracismo dei cinquestelle verso Juan Guaidò. Anche su questo l’Italia ha in cantiere una svolta: dopo mesi di presunta equidistanza – e sostanziale opposizione alla linea euro-atlantica sul caso Venezuela – arriverà presto una presa di distanze più decisa da Maduro. Sarà uno degli effetti dei nuovi equilibri a Roma. E non l’unico, perché Conte si prepara a offrire a Trump un piccolo segnale anche sulla quota di risorse destinate all’alleanza atlantica. Decimali di maggiore impegno, ma che vanno incontro a una antica richiesta del Presidente. Mano tesa verso Washington, dopo l’endorsement che il Presidente Usa ha regalato all’amico “Giuseppi” per sbloccare il bis. Ma c’è un altro dossier che è in cima alle preoccupazioni di Palazzo Chigi: la Libia.
Conte ha bisogno di un maggiore sforzo degli Usa per fermare la guerra a bassa intensità tra Haftar e Serraj. «È una ferita per il nostro Paese, un rischio sul fronte dell’immigrazione, dell’energia e del terrorismo », è il senso di quel che dirà a Trump. Basterebbe un sospiro della Casa Bianca per stabilizzare la regione. Difficile, però, che Washington si impegni davvero, visto che l’attuale amministrazione si muove solo quando sono in gioco gli interessi americani.
Eppure, l’Italia ci proverà comunque. E darà il s uo contributo anche Di Maio, alle prese con la prima vera missione internazionale. Il ministro degli Esteri presiederà assieme ai francesi un tavolo sulla Libia, in vista di un doppio appuntamento: una conferenza intra-libica e un’altra internazionale, da tenere entro dicembre probabilmente in Germania. Certo, il capo politico del Movimento ha parecchio da farsi perdonare con l’amministrazione Usa. In particolare la sbandata cinese sulla via della Seta. Ricalibrerà il tiro. E affiancherà Conte anche nella campagna “promozionale” attorno al decreto sulla sicurezza cibernetica, appena approvato dall’esecutivo, che servirà anche a contenere i tentativi di ingerenza internazionale nei processi elettorali di un Paese Nato, dopo i precedenti che chiamano in causa Mosca.
Un altro tassello della nuova fase che ha in mente l’avvocato. In nome di un rinnovato atlantismo che non stupisce neanche Giancarlo Giorgetti. Dopo aver ascoltato un Salvini sempre più filo putiniano nel corso dell’intervista ad Atreju, il leghista si è lasciato andare: «Matteo non ha imparato la lezione? Vero, ma invece l’ha capita bene Giuseppi Conte…».