La volatilità stavolta ha giocato a favore della carta italiana. La scorsa settimana, quando si è fatto più esplicito l’impegno dei leader del governo a tenere il deficit sotto controllo, i rendimenti dei titoli di Stato sono scesi in fretta. È probabile che gli acquisti si spieghino anche con il tentativo precipitoso di alcuni investitori di chiudere posizioni speculative al ribasso. Ma comunque sia andata, il sollievo di questi ultimi giorni non scioglie alcuni dubbi di fondo sulla tenuta del debito pubblico italiano. Ieri al Forum Ambrosetti di Cernobbio Carlo Cottarelli, ex commissario alla «spending review» e oggi animatore dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica di Milano, ha provato a mettere ordine in questi interrogativi. Il suo è un esercizio essenziale, perché riguarda la direzione del Paese nei prossimi anni e le trappole nascoste sul suo cammino.
Il primo dubbio riguarda lo scenario in cui la ripresa continui e la Banca centrale europea, interrompendo gli attuali interventi sui mercati, alzi gradualmente i tassi d’interesse dell’1% entro il 2021 o anche un po’ prima. In questo caso l’Italia può reggere: mantenendo l’attuale surplus primario di bilancio (ossia prima di pagare gli interessi sul debito) attorno all’1,5% del prodotto lordo, con una crescita dell’1,3% e un’inflazione all’1,7%, il debito pubblico scenderebbe comunque.
Ma che accade se invece verso il 2020 si propagasse all’Europa e all’Italia una recessione, magari partita dagli Stati Uniti? Certo la Bce manterrebbe bassissimi i tassi, ipotizza Cottarelli, ma non è detto che all’Italia basti. Anche solo con una caduta dell’economia dello 0,5% nel 2020, con l’attuale surplus primario di bilancio all’1,5% del Pil il debito esploderebbe quasi al 138% nel 2021 e anche oltre se la recessione fosse più profonda (vedi grafico sopra). A quel punto gli investitori fuggirebbero dai titoli italiani e il Paese sarebbe di nuovo esposto ad attacchi speculativi in grado di danneggiare anche le banche, molto esposte sul debito dello Stato.
Per questo Cottarelli, un ex dirigente del Fondo monetario internazionale, ritiene che il governo dovrebbe prendersi una sorta di «polizza assicurativa»: alzare il surplus primario almeno al 3,5% del Pil. Quel cuscinetto in bilancio può proteggere il Paese stabilizzando comunque il debito anche in recessione. Secondo Cottarelli, lo si può costruire se si congela da subito il volume finanziario della spesa pubblica finché c’è ancora la ripresa.