L’economia italiana sta rallentando il passo. Il Fondo monetario internazionale ha tagliato le stime di crescita relative al nostro Paese per il 2018 e il 2019. Secondo il Fmi, il Pil italiano arriverà quest’anno all’1,2%, dopo il +1,5% del 2017, vale a dire 0,3 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni che erano state avanzate ad aprile, per poi calare ancora e fermarsi all’1% nel 2019.
spread più ampi e incertezza politica
Cosa ha spinto il Fondo monetario a rivedere al ribasso le previsioni sull’andamento dell’economia italiana? La stima è legata agli «spread più ampi sui titoli di Stato e alle più strette condizioni finanziarie in seguito alla maggiore incertezza politica» che, secondo il Fmi, dovrebbero avere ripercussioni sulla domanda interna. La frenata della crescita era già stata confermata nei giorni scorsi da Bankitalia. Dopo la riunione dell’Ecofin, il ministro Giovanni Tria aveva spiegato che nella nota di aggiornamento avrebbe preso atto del rallentamento, escludendo un ricorso alla manovra correttiva da 5 miliardi chiesta dall’Europa e sostenendo che la priorità dell’Italia non sia tanto il contenimento del debito quanto la necessità di investimenti per rilanciare l’economia.
Rallenta anche l’Eurozona
Tagliate anche le previsioni di crescita nell’Eurozona, per cui il Fmi vede un graduale rallentamento dal +2,4% del 2017 al +2,2% del 2018 con un’ulteriore riduzione che porterà al +1,9% nel 2019. Anche in questo caso, la causa, secondo il Fmi, è l’aumento dell’incertezza politica in Europa, «uno dei rischi che minacciano l’economia globale». Nell’aggiornamento del World Economic Outlook, il Fmi evidenzia che l’Ue si trova ad affrontare sfide politiche fondamentali tra cui l’architettura istituzionale dell’area euro e i migranti.
Migranti e Brexit
«Le ripetute ondate delle pressioni migratorie internazionali, che si sono rivelate politicamente destabilizzanti – sottolinea il Fmi – non possono essere evitate senza un’azione comune per migliorare la sicurezza internazionale e senza resistere al cambiamento climatico e ai suoi effetti». Altra incertezza che pesa sull’economia europea è dovuta ai termini della Brexit che «non sono ancora stati fissati dopo mesi di trattative». Ma per la Gran Bretagna il Fondo monetario prevede un Pil in crescita dell’1,4% nel 2018 e dell’1,5% nel 2019. Restano, invece, invariate, rispetto ad aprile, le previsioni che riguardano gli Usa: il Pil è stimato in crescita del 2,9% quest’anno e del 2,2% il prossimo. Più in generale, il Fmi sostiene che la ripresa economica mondiale stia proseguendo, ma mostra una maggiore fragilità. I dazi minacciano l’economia globaleIl possibile aumento delle tensioni commerciali, dovute ai dazi, viene guardato come la principale «minaccia» alla crescita nel breve termine. Per ora la stima per il Pil mondiale resta ferma al 3,9% per il 2018 e per il 2019, ma il Fmi chiede che siano evitate politiche protezionistiche e che gli scambi procedano in un sistema commerciale aperto e basato su regole certe. «Negli ultimi mesi, gli Usa hanno imposto dazi su diversi beni importanti – afferma il Fmi – innescando misure ritorsive dai partner commerciali. Allo stesso tempo, il Nafta e gli accordi economici fra Regno Unito e il resto dell’Unione Europea sono ancora oggetto di trattative».