Una «requisitoria» sullo stato della letteratura italiana. È cominciata così, dopo i saluti di rito, la seduta pubblica nell’Aula Magna del Bo a Padova dove ieri la Giuria dei Letterati ha votato la cinquina delle opere finaliste del Campiello 2018, il Premio fondato dagli industriali del Veneto. «È arduo compito per noi scegliere i libri migliori di narrativa. Certo, capolavori non ve ne sono. Ma in generale è dubbia la qualità della produzione scritta… Le case editrici sembrano perseguire logiche mercantilistiche…».
Il j’accuse di Lorenzo Tomasin, docente di Filologia romanza, il giurato che si è assunto il compito di introdurre i lavori, risuona come una sferzata. Mai nelle precedenti edizioni del Campiello, pur costellate di accenti critici, si erano sentite espressioni come «italiano editoriale, stile mediocre, insapore, incolore». Tomasin sembra rubare il mestiere al presidente della giuria di questa 56ª edizione, l’ex procuratore di Venezia Carlo Nordio.
Più clemente nei giudizi, come altri giurati che correggono il tiro del collega. Che, tuttavia, aveva ammesso: «Qualche lodevole eccezione c’è». Ermanno Paccagnini taglia corto: «La storia della letteratura non è fatta solo di capolavori». Anche gli altri sono sulla stessa linea. Intellettuali di varia formazione: Federico Bertoni, Daniela Brogi, Philippe Daverio, Chiara Fenoglio, Paola Italia, Luigi Matt, Roberto Vecchioni, Emanuele Zinato. Sottolineano, inoltre, i filoni tematici presenti nelle opere di narrativa: il trauma storico, il lavoro, l’interiorità, il futuro.
Quattro votazioni per la cinquina. Con 9 voti stacca sugli altri romanzi La ragazza con la Leica (Guanda) di Helena Janeczek , opera candidata anche allo Strega. Seguono con 6 voti La galassia dei dementi (La nave di Teseo) di Ermanno Cavazzoni ; 6 voti pure a Mio padre la rivoluzione (minimum fax) di Davide Orecchio, a Le vite potenziali (Mondadori) di Francesco Targhetta e a Le assaggiatrici (Feltrinelli) di Rosella Postorino. Che al ballottaggio ha prevalso su Ipotesi di una sconfitta (Einaudi) di Giorgio Falco e Bestia da latte (Sem) di Gian Mario Villalta.
A Padova viene proclamato anche il Campiello Opera Prima. Vince Gli 80 di Camporammaglia (Laterza) di Valerio Valentini. «Verdetto equilibrato», dice il presidente della giuria. Nordio, in apertura di seduta, sfatando certi luoghi comuni, aveva esaltato operosità ed eticità degli imprenditori veneti. Matteo Zoppas, che li rappresenta, dice: «Vogliamo diventare il primo premio letterario in Italia». Finalissima sabato 15 settembre al Teatro La Fenice di Venezia. La parola alla giuria popolare.