Da una parte Matteo Renzi che attacca su quota 100: «Voteremo l’emendamento per sopprimerla». Dall’altra Luigi Di Maio che contesta le misure su contante e pos: «Se passassero, sarebbe un segnale devastante». Il viaggio di ritorno di Giuseppe Conte da Bruxelles è pieno di turbolenze e all’atterraggio a Roma l’umore non è buono. Quello che sembrava già deciso, con l’ultimo Consiglio dei ministri, non lo è affatto e si traballa anche una volta scesi a terra.
Renzi avverte alla Leopolda: «Spiegheremo perché secondo noi quella misura, che investe 20 miliardi in tre anni guardando solo ai pensionandi, è ingiusta: quei soldi dovrebbero andare ai giovani, alle coppie, alle famiglie, agli stipendi e ai servizi». Il leader di Italia viva sa che quella su quota 100 «sarà una battaglia di testimonianza, visti i numeri», ma non ha nessuna intenzione di rinunciarci. E ha altri fronti aperti: «Sui microbalzelli come la sugar tax o le imposte sulla casa o sul desiderio di complicare la vita alle partite Iva ci faremo sentire. Sono certo che anche altre forze della maggioranza bloccheranno questi micro balzelli».
Sponda lanciata non certo al Pd ma ai 5 Stelle. Che sono l’altro fronte di attacco, il più sorprendente per il premier. Di Maio, dopo giorni di scontri sottotraccia, lancia un siluro e invoca un «vertice di maggioranza». Conte aveva fatto filtrare una sua irritazione per un’eccessiva cautela sulla lotta all’evasione. Di Maio mette nero su bianco la sua visione. Che prevede una lotta spietata ai grandi evasori, per i quali chiede il carcere e la confisca per chi evade più di 100 mila euro. Ma anche una difesa a spada tratta di una parte rilevante della sua constituency elettorale: «In passato — scrive — abbiamo assistito a uno Stato che preferiva accanirsi su commercianti, artigiani, parrucchieri, elettricisti, invece di rompere le scatole a multinazionali e grandi evasori». Sbagliatissimo, dice Di Maio. Abbassare il tetto del contante e obbligare ai pos i commercianti vuole dire «lanciare un messaggio culturale devastante». Di Maio attacca anche la riduzione del cuneo: «D’accordissimo sulla misura, ma che senso ha farla, dando 40 o 50 euro in più al mese ai lavoratori dipendenti, togliendoli alle partite Iva che si spezzano la schiena giorno e notte, senza garanzie, malattia e welfare?». Alla fine, c’è anche quella che sembra a molti una minaccia: «Bene Conte, ma siamo una repubblica parlamentare. Il Movimento è l’ago della bilancia e senza di noi non si va da nessuna parte». Messaggio che si cerca poi di stemperare, con una nota successiva: «Non si tratta di ultimatum o minacce. Il presidente Conte ha tutta la nostra fiducia». Vincenzo Spadafora conferma: «Zero ultimatum, anzi vogliamo più dialogo». Nel frattempo il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri mette un punto: «L’impianto della manovra non cambierà, anche se i contrasti in un governo di coalizione sono fisiologici».