Sagrestia con luci fioche, scansie di tomi, il profumo dolciastro dell’incenso.C’è una campana che suona lontano.Il giovane frate francescano si volta con un’autentica aria da frate francescano: «Potrei dirle una bugia, e sarebbe comunque un peccato veniale. Invece voglio dirle la verità: noi preghiamo affinché Salvini perda queste elezioni regionali».La notizia è qui.Dentro il Sacro Convento (e tra un po’ leggerete anche le parole di padre Enzo Fortunato, lo storico e autorevole direttore della sala stampa locale).Intanto: arrivi in Umbria — numerosi osservatori la considerano fondamentale com’è l’Ohio per le presidenziali americane: qui si capirà che tipo di futuro può avere il laboratorio governativo giallorosso — e i sondaggi sono, restano quelli degli ultimi giorni, con una forbice di 4/6 punti a favore del centrodestra che marcia, almeno formalmente, compatto e deciso: il Capitano, il Cavaliere e Giorgia Meloni, tutti sorrisi e promesse, giovedì sono andati a Perugia e sabato erano poi a Roma, davanti alla folla di piazza San Giovanni, ad annunciare l’imminente conquista di Palazzo Cesaroni con la candidata Donatella Tesei, senatrice leghista ed ex sindaco di Montefalco, dove ha lasciato un buco nei bilanci da fare spavento.
Il centrosinistra si presenta, invece, in ordine sparso. O proprio non si presenta. Matteo Renzi, per dire, non s’è mai fatto vedere e vive questa tornata elettorale, alla guida del suo piccolo nuovo partito, come se si votasse in una regione dell’Azerbaigian. Nicola Zingaretti sale e scende dai palchi — Salvini proprio pianerottolo per pianerottolo — , entra nei bar, dice che per il Pd lo scandalo «Sanitopoli» è una ferita aperta ma ben disinfettata, assicura che la rimonta è ancora possibile, però poi risale in macchina e gli viene la faccia imbronciata di quello che pensa: io non lo volevo fare questo governo con i grillini, ero contrario e avevo ragione, ad esserlo. In effetti è un po’ dura fare campagna elettorale mentre si discute, si litiga, ogni giorno e su ogni provvedimento da inserire in Manovra, con il principale alleato di coalizione. Tra l’altro, Luigi Di Maio — terrorizzato dalla possibilità che il Movimento precipiti sotto il 10% e che quindi Grillo e Fico e le bande di parlamentari ai loro ordini gli presentino subito il conto — smoscia l’atmosfera e, appena può, ripete che il voto umbro «non è un test di valore nazionale».
Nell’incertezza, qualche giorno fa è però venuto qui ad Assisi a piantare un ulivo davanti alla Basilica. Poi s’è presentato pure il premier Giuseppe Conte, glissando a sorpresa sulle elezioni, ma spiegando che nei conventi lui è di casa, avendo uno zio frate cappuccino, Fedele Conte. Intuita la possibilità di una certa confidenza, un francescano gli si è allora avvicinato: «Stia attento a Renzi, Presidente, quello è il demonio» (senza immaginare che Renzi, grazie al celebre ego, di fronte a simili paragoni, più che mortificarsi, si esalta). Ciò che i francescani pensano di Salvini è invece noto da tempo.
Quando nei comizi lo vedono tirare fuori rosari e santini, scuotono la testa, e si fanno il segno della croce. Alcuni dicono: non ci eravamo sbagliati, cinque anni fa. Alle ultime regionali, sul loro sito pubblicarono la sua foto accanto al candidato dell’epoca, Claudio Ricci, e un articolo dal titolo eloquente: «C’è un Salvini da ammansire». Contro il lupo leghista, in queste ore stanno seriamente valutando la possibilità di un appello elettorale (la comunità sa di poter contare anche sulla copertura del cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia e presidente della Cei; ormai nella storia recente dei rapporti tra Chiesa e politica, il monito: «Clima xenofobo, Salvini pesi le parole»).
Un convento che sembra il Fort Alamo del centrosinistra, un’amarezza malcelata, padre Enzo Fortunato adesso dice: «Chiunque guardi a Francesco d’Assisi e desideri incamminarsi sulla strada da lui indicata, è un uomo che ama e che soccorre il prossimo, chiunque e ovunque esso sia: dal vicino della porta accanto a colui che arriva, anche sulla via del mare, e bussa alle porte del nostro Paese». Ecco, uno che nei comizi cita sempre San Francesco è il quarantasettenne Vincenzo Bianconi da Norcia, candidato giallorosso che arriva dalla cosiddetta società civile, ma perfettamente cosciente di essere la quarta, o quinta scelta. Proprietario di hotel per tradizione familiare, indossa solo chicchissimi gilet di lana rasata (sembra ne abbia tre blu e tre grigi, e li alterni in coordinato con le sneaker), mitologica narrazione elettorale della propria esistenza: prima giacca da cameriere regalata dalla nonna a 8 anni — sebbene i francescani si battano contro ogni forma di sfruttamento del lavoro minorile — il padre lo spedisce a lavorare come cameriere, nella Milano da bere, a 17. Potenzialmente un avversario insidioso per la Tesei (pronti via, hanno provato ad azzopparlo con una storia un po’ stiracchiata di rimborsi nel post-terremoto).
Altro da dire, non c’è. Comunque mancano ancora quattro giorni al voto, e tante cose possono ancora accadere. Il tramonto, su Assisi, è struggente. I frati a quest’ora sono riuniti in preghiera (e sappiamo bene per chiedere quale miracolo)..