Nata in una famiglia di socialisti ed ebrei assimilati, Hannah Arendt crebbe nel culto di Rosa Luxemburg. La stesura del suo capolavoro, Le origini del totalitarismo (1951), e del saggio Sulla rivoluzione (1963) fu l’occasione per avviare un confronto inedito con l’opera di Rosa Luxemburg, che le rivelò tasselli sconosciuti della sua poliedrica personalità. Lo scritto arendtiano, qui riproposto in una nuova traduzione, evidenzia la relazione tra le idee di queste due “donne in tempi bui”: la diffidenza nei confronti dei movimenti di emancipazione femminile, i limiti dell’internazionalismo di fronte all’emergere della questione nazionale, il maniacale bisogno di protezione della sfera intima, l’esigenza di stabilire metri di equità nel mondo, la necessità di confrontarsi con Marx, l’ansia di preservare l’autentico spirito rivoluzionario insieme al dovere storico e politico di indicare limiti e criticità della prassi rivoluzionaria del XX secolo.
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