Passano gli anni, cambiano i governi, ma gli Istituti tecnici superiori – a oggi il segmento terziario professionalizzante del nostro sistema educativo – continuano a rappresentare un vero e proprio passepartout per il lavoro dei giovani. Il numero che domani il sottosegretario, Gabriele Toccafondi, commenterà al Miur in occasione del presentazione del monitoraggio 2018, parla chiaro: a un anno dal conseguimento del diploma “di super tecnico” l’82,5% dei ragazzi è occupato. Nella quasi totalità dei casi lo è svolgendo mansioni coerenti con le competenze acquisite durante i percorsi di studio in aula e di pratica “sul campo”, e molto spesso, addirittura, nelle stesse aziende che partecipano alle rispettive Fondazioni Its.
Numeri di tutto rispetto specie se paragonati alle performance occupazionali fatte registrare dai diplomi “semplici” per cui – stando all’ultimo report di AlmaDiploma – a un anno dalla maturità lavora il 35% dei diplomati. Quello degli Its è un risultato ormai consolidato nel tempo: dal 2015, primo anno del check up realizzato da Miur e Indire, al 2018, l’ultima fotografia che verrà svelata tra 24 ore e che questo giornale è in grado di anticipare, questa “punta più avanzata” della scuola italiana ha fatto conquistare un impiego a 5.070 diplomati sui 6.293 totali, vale a dire all’80,5%, con punte superiori al 90% nelle realtà più avanzate dell’Italia centro settentrionale. A crescere, dal 2015 al 2018, sono un po’ tutti i numeri: gli studenti sono passati da circa 8mila a quasi 11mila; i percorsi attivi sono saliti da 349 a 464, e pure le aziende “partner” degli Its sono aumentate da 509 a 827.
Le chiavi del successo (già tre anni fa il tasso di occupazione dei super periti Its si attestava al 78,3%) sono essenzialmente due: la possibilità di contare su una formazione on the job e la presenza di docenti che provengono dal mondo del lavoro (oltre il 50% degli insegnanti sono infatti imprenditori o loro collaboratori, circa il 30% liberi professionisti).
Certo, gli Its, pensati e introdotti dagli ex ministri, Giuseppe Fioroni e Mariastella Gelmini, restano ancora una realtà di nicchia, se paragonati, per esempio, alla Germania, patria del sistema duale, dove nelle “Fachhochschulen”, analoghi istituti di formazione terziaria professionalizzante non accademica, si specializzano oltre 800mila studenti. A frenare il decollo di queste super scuole di tecnologia è stata, in egual modo, la scarsa attività di promozione e incentivazione dei vari governi e un’impalcatura normativa burocratica e piuttosto onerosa per le imprese (non a caso nell’ultima legge di Bilancio è previsto un restyling degli Its, a partire dalla governance, al momento però rimasto ancora sulla carta).
Di passi avanti, tuttavia, negli anni ne sono stati fatti, evidenzia il sottosegretario Toccafondi: «Gli Its sono finanziati dallo Stato con 13 milioni annui, e con la scorsa manovra arriveranno ulteriori 65 milioni aggiuntivi nel prossimo triennio. C’è poi il finanziamento regionale. Gli Its sono l’unico settore scolastico dove, non con poca fatica, è stato possibile introdurre un po’ di merito: prima il 10%, ora il 30% dei 13 milioni annui viene infatti distribuito in base ai risultati occupazionali dei corsi». I progressi li vede anche Confindustria. Il vice presidente per il Capitale umano, Giovanni Brugnoli, sottolinea: «I buoni risultati degli Its, sul fronte occupabilità, non sono una novità. Serve però, un vero piano nazionale per potenziare questi percorsi formativi ed è proprio per definirne i contenuti che Confindustria ha promosso la costituzione di un Forum nazionale degli Its. I lavori – aggiunge – mi pare siano a buon punto e appena ci sarà un governo il Forum potrà presentare le sue proposte».
Quest’anno saranno “premiati” una quarantina di percorsi, più dei 33 dello scorso anno, dalla meccanica alle nuove tecnologie, passando per turismo, agroalimentare e servizi alle imprese. Si spartiranno, quindi, circa 3,8 milioni, con cifre che oscillano tra i 90 e i 130mila euro a seconda della numerosità degli alunni. I primi tre corsi premiati nel Nord, Centro, Sud sono: l’Its meccanica, meccatronica, motoristica e packaging in Emilia Romagna, l’Its Umbria Made in Italy e il “Cuccovillo” in Puglia. «Le migliori performance – aggiunge Toccafondi – sono strettamente legate alla presenza di imprese e al collegamento diretto con i territori». Si primeggia da Firenze in su. Al top, la Lombardia, grazie ad Assolombarda e Regione, il Veneto, il Piemonte, l’Emilia Romagna, dove è robusto il coinvolgimento di aziende, grandi e piccole. Ancora profondo rosso invece al Mezzogiorno. Con Calabria e Sicilia a contendersi il maggior numero di “bocciati” del ministero e dell’Indire.