A novembre, per il nono mese consecutivo, l’indice complessivo della produzione industriale ha ceduto, segnando una variazione tendenziale negativa dello 0,6%, mentre nella media del periodo gennaio-novembre il calo tendenziale è stato dell’1,1% (-1,4% il dato grezzo). Lo ha comunicato ieri Istat, che ha anche confermato nella Nota mensile su dicembre un andamento ancora negativo dell’indicatore anticipatore, il quale suggerisce una debolezza persistente dei livelli produttivi. Si tratta degli ultimi dati attesi prima della stima flash sul Pil del quarto trimestre 2019 che arriverà a fine mese e che offrirà una prima lettura complessiva dell’andamento dell’economia nazionale dell’anno appena concluso, ora data potenzialmente in crescita (in termini di Pil acquisto al termine del terzo trimestre 2019) dello 0,2%. In questa prospettiva i dati industriali sembrano poco rassicuranti se si considera che l’ultimo anno con il segno negativo della produzione è stato il 2014.
Per vedere una variazione positiva bisogna guardare al dato congiunturale che, dopo due mesi in negativo, in novembre ha segnato un rimbalzo dello 0,1% su ottobre. «Il recupero – segnala Istat nella nota a commento – è stato frenato dal forte calo del settore energetico e si manifesta con maggiore intensità nei comparti legati alla domanda di beni, intermedi e strumentali, da parte del sistema produttivo».
Di un dato sopra le attese ha parlato Paolo Mameli, della direzione studi di Banca Intesa: «Tuttavia, è ancora presto – ha sottolineato – per dichiarare conclusa la fase di moderata recessione nell’industria e di semi-stagnazione per l’economia nel suo complesso».
Su base tendenziale e al netto degli effetti di calendario, a novembre la crescita s’è vista come detto nel comparto dei beni di consumo (+0,8%), mentre è netto il calo dell’energia (-3,9%), seguito da un più lieve calo dei i beni intermedi (-1,0%) e i di quelli strumentali (-0,4%). Tra i settori i maggiori incrementi tendenziali sono la fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica (+8,1%), l’industria del legno, carta e stampa (+7,0%) e la fabbricazione di prodotti chimici (+2,9%). Da segnalare il piccolo progresso della produzione di auto: +1,8% su base annua dopo un’infilata di cali consecutivi messi a segno nell’ultimo anno e mezzo. La variazione congiunturale positiva di novembre della produzione industriale italiana è letta come un segnale significativo da Oxford Economics, secondo cui l’indicatore complessivo per l’Eurozona potrebbe segnare un +0,3% in termini tendenziali: in Francia la variazione congiunturale è stata dello 0,3% e in Germania del 1,1%.
Le ultime stime sull’economia nazionale sono state confermate nella Nota di ieri della Banca d’Italia, che riproduce i risultati delle ultime proiezioni macroeconomiche elaborate nell’ambito dell’esercizio coordinato con l’Eurosistema. L’ipotesi centrale è di una crescita dello 0,2% nella media d’anno, che si rafforzerebbe gradualmente nei tre anni successivi, portandosi allo 0,5% nel 2020, allo 0,9% nel 2021 e all’1,1% nel 2022. Lo scenario non incorpora gli effetti gli aumenti Iva previsti dalle attuali clausole di salvaguardia nei prossimi ventiquattro mesi e pari rispettivamente all’1,0 e all’1,3% del Pil (in valore assoluto 19 miliardi nel 2021 e 25,8 nel 2022). Rispetto alle precedenti proiezioni (luglio), la stima è marginalmente più elevata per il 2019, riflettendo le informazioni più favorevoli disponibili per i primi nove mesi dell’anno, e lievemente inferiore nel 2020 e nel 2021, a seguito degli effetti della più accentuata debolezza del quadro internazionale, in larga parte, ma non interamente, compensati dallo stimolo proveniente dai più bassi tassi di interesse.