La mini-ripresa del 2016 si è fatta sentire sui redditi, e ha contribuito a fare un altro pezzo di strada verso il ritorno ai livelli effettivi pre-crisi. Non ovunque, però. Tenendo conto dell’inflazione maturata nel periodo, i redditi Irpef dichiarati dai contribuenti del Nord ha praticamente pareggiato i livelli reali del 2006, mentre nel Mezzogiorno lo stesso valore si è fermato il 3% sotto: a spingere in basso il Sud è soprattutto la Sicilia (-5,4%) e la Calabria (-5%), mentre la sola Puglia mostra una parziale contro-tendenza (-0,7%).
Anche dal punto di vista del redditi, insomma, la crisi ha allargato la distanza fra le due Italie che si è riflessa nel voto del 4 marzo. E ha spinto verso Sud anche una parte delle regioni centrali, il cui dato complessivo segna un -1% nel confronto con 10 anni fa. A pesare, in questo caso, è soprattutto l’involuzione dei guadagni dichiarati nelle Marche (-4,2%) e in Umbria (-3,4%), dove alla gelata dell’economia si sono aggiunti gli effetti del terremoto. Segno positivo (+0,3%) nel Lazio, ovviamente dominato dai dati di Roma. Nel Sud si concentra anche la maggioranza dei titolari di guadagni più bassi, una platea da almeno 11,3 milioni di persone che potrebbe rientrare nell’ambito del reddito di cittadinanza proposto dal M5S.
Il confronto con dieci anni aiuta a rendere tridimensionali i dati sui redditi 2016, scritti nelle dichiarazioni dell’anno scorso e diffusi ieri dal dipartimento Finanze. A livello complessivo, il reddito medio denunciato dai 40,2 milioni di contribuenti Irpef al Fisco si è attestato a 20.940 euro, con un aumento dell’1,2% in termini nominali rispetto a 12 mesi prima (in termini reali la distanza è invece dell’1,3% perché il 2016 è stato un anno di leggera deflazione). Ma la media, in sé, offre solo un’indicazione sgranata, perché figlia di dinamiche diverse fra loro. Nell’ultimo anno fotografato dalle dichiarazioni, la ripresa nominale è stata più o meno generalizzata, e ha incontrato le sue punte più vivaci a NordEst. Ma i movimenti non sono riusciti a modificare la graduatoria territoriale dei redditi, che continua a vedere in testa la Lombardia con 24.750 euro lordi complessivi di media. In Calabria, all’ultimo posto, la stessa casella della dichiarazione mostra in media un valore fermo al 60,4% di quello lombardo.
Insieme all’economia del Paese è andata al rialzo anche l’imposta complessiva, che ha portato nelle casse dello Stato 156,04 miliardi di euro. A conti fatti, l’Irpef ha applicato in media ai contribuenti un’aliquota effettiva del 19,6 per cento. A livello più complessivo, in riferimento al reddito reale (prima delle deduzioni che sottraggono somme al reddito a cui si applica l’imposta), il rapporto fra guadagni complessivi e Irpef si è attestato al 18,5% (si veda la tabella in basso).
Rispetto al gettito dell’anno prima la variazione è dello 0,57%, quindi meno della metà rispetto a quella dei guadagni complessivi. La distanza si spiega con il fatto che nel 2016 il sistema fiscale ha allargato la cedolare al 10% sui premi di produttività, e ha visto il debutto di nuovi sconti su spese come gli arredi per le giovani coppie, l’Iva agevolata per l’acquisto di abitazioni di classe energetica elevata e i canoni di leasing per l’abitazione principale. Misure, queste, prive di impatto sulle addizionali regionali e locali, che infatti nello stesso periodo sono avanzate a un ritmo più elevato: ad aliquote ferme, bloccate dalle manovre di finanza pubblica, l’Irpef delle Regioni è arrivata a 11,9 miliardi, e quella dei sindaci a 4,7 miliardi. Per entrambe la crescita è stata dello 0,9 per cento.
La fotografia ministeriale distingue poi le diverse tipologie di reddito. Fra i protagonisti dell’Irpef è da segnalare una nuova crescita dei redditi medi da pensione (+1,8% rispetto all’anno precedente), che si confrontano con una sostanziale stasi (+0,1%) di quelli da lavoro dipendente. Si tratta di un altro passo all’interno di una dinamica di lungo periodo: fra 2000 e 2015 il peso delle pensioni sull’Irpef totale è cresciuto dal 21 al 28%, mentre quello del lavoro dipendente è sceso dal 57 al 54%.
In valore assoluto, invece, la vetta tocca ai lavoratori autonomi, che nel 2016 hanno dichiarato in media 41.740 euro con un aumento del 9% sull’anno scorso: ma l’impennata si spiega soprattutto con l’ampliamento del regime forfetario che ha escluso dall’Irpef una fetta crescente di partite Iva con bassi guadagni. In aumento anche i redditi degli imprenditori (37.880; +6% sull’anno prima), una platea che comprende in larga parte ditte individuali e che quindi non sono etichettabili direttamente come «datori di lavoro».