Grazie all’operazione Intrum, al giro di boa del primo trimestre dell’anno Intesa Sanpaolo mette già al sicuro il 43% dell’utile annuo previsto come target. Un risultato che è frutto della crescita sul fronte dei ricavi, trainati dall’ottima performance del trading e dalle sempre ricche commissioni, e di un costante calo dei costi.
In attesa di contabilizzare l’operazione con il partner svedese, il gruppo di Ca’ de Sass chiude il migliore primo trimestre dal 2008, a 1,25 miliardi,con una crescita del 39% rispetto al primo trimestre del 2017. «Abbiamo conseguito risultati solidi e di qualità elevata, il che consente al nostro Piano d’Impresa di partire di slancio», spiega il ceo Carlo Messina commentando la trimestrale. Il risultato netto diventa ancor più rotondo se si considera il beneficio derivante dalla cessione della piattaforma Npl a Intrum, che nei prossimi mesi porterà alla contabilizzazione di un contributo extra di 400 milioni. Con questa plusvalenza, l’utile netto balza a 1,65 miliardi , un valore come detto pari al 43% dei 3,8 miliardi di utile del 2017. Ce n’è abbastanza per «poter affermare che l’utile netto del 2018 sarà superiore ai 3,8 miliardi di utile del 2017», conferma Messina. Ma anche per prevedere che la banca pagherà «anche quest’anno un dividendo molto generoso», grazie a una solidità patrimoniale (Cet 1 ratio in aumento al 13,4%) ben al di sopra dei requisiti regolamentari.
Il payout obiettivo sul 2018, del resto, è previsto all’85% dell’utile netto, percentuale che porterà a «un dividendo cash molto soddisfacente». E sul tema Messina conferma l’impegno suo e del management a remunerare gli azionisti, come «dimostrato negli ultimi anni».
Da una parte, il lavoro di contenimento sulle spese prosegue. I costi operativi (pari a 2,29 miliardi) scendono del 14,1%. Le rettifiche di valore nette su crediti, complice l’aumento delle coperture e il generale miglioramento dell’economia, sono calate a 483 milioni, rispetto ai 1.229 milioni del quarto trimestre 2017. Senza contare che, grazie all’accordo con Intrum, la banca ridurrà di 25 miliardi lo stock dei deteriorati dai massimi di settembre 2015. E vede già raggiunta circa la metà dell’obiettivo di riduzione dei crediti deteriorati del piano di impresa al 2021.
Ma d’altra parte la banca dimostra di saper spingere sul pedale dei ricavi.In questo senso la performance trimestrale conferma la bontà della strategia del gruppo, che punta ad essere sempre più una “wealth management e insurance company”, come ribadito dallo stesso Messina in occasione dell’assemblea dei soci di aprile.
È vero che l’attività tradizionale della banca rimane il pilastro fondamentale. Le commissioni nette hanno superato i 2 miliardi (facendo segnare il miglior primo trimestre di sempre), e gli interessi netti hanno toccato quota 1,855 miliardi (+1%). Così come va segnalato che sul risultato trimestrale ha impattato positivamente l’ottima performance del trading, che ha fruttato 621 milioni di euro: un risultato reso possibile in particolare dalla valorizzazione dell’investimento in Ntv, che da solo ha portato in cassa 264 milioni.
Ma è anche vero che di fatto il gruppo produce oramai il 50% del suo risultato lordo da attività come l’asset e il wealth management, il private banking e l’assicurativo. Proprio l’insurance è il segmento su cui Intesa punta a crescere di più. Il peso dell’area fino ad oggi è ancora ridotto (12% sul risultato totale ) ma il trend è chiaro: dai 183 milioni del quarto trimestre 2017 si passa ai 294 milioni di euro del primo trimestre. L’intenzione della banca, come ribadito più volte da Messina, è di diventare leader nel settore, anche grazie al polo che verrà creato a Torino. Stesso approccio sul fronte del risparmio gestito, dove Intesa sta valutando la possibile cessione del 10-20% del capitale di Eurizon. Qui «serve un accordo strategico con un player internazionale. Se si presenterà una occasione la valuteremo».