Vengo anch’io, sì tu sì! La candidatura italiana alle Olimpiadi invernali 2026 si presenta all’insegna del rovescio della canzone di Enzo Jannacci di metà anni Sessanta sullo zoo comunale. Todos caballeros, lungo i 550 chilometri che separano Torino da Cortina, passando per Milano e con una propaggine a Bolzano.
E non è ancora detta l’ultima parola: magari, da qui alla scadenza ci potrebbe essere spazio pure per un’estensione polesana a Giacciano con Baruchella, sperando in un tratto ghiacciato del Tartaro-Canalbianco per ospitarci almeno una gara di pattinaggio.
Nella storia delle moderne Olimpiadi non c’è mai stata una candidatura di questo tipo, sostiene il presidente del Coni Giovanni Malagò: e il guaio è che è proprio vero.Da Calgary a Sapporo, da Stoccolma a Erzurum, i competitor stranieri hanno puntato su una sede unica; e così è sempre stato, dalla prima edizione dei Giochi invernali del 1924. Da noi, dopo un indecoroso balletto di mesi, la scelta è stata quella di non scegliere, dando vita a uno slalom tra paletti di varia natura in cui l’Italia si è aggiudicata la medaglia d’oro.
Solo che, come tutte le in – decisioni di questo tipo, per non scontentare nessuno alla fine si sono scontentati tutti. Scattate le rituali foto di gruppo con profusione di sorrisi, un minuto dopo i protagonisti si sono scatenati nei distinguo: sul nome da mettere più in grande degli altri, sulla distribuzione degli eventi, sugli impianti, sulle sedi di gara. Lasciando sullo sfondo, ma solo per ora, il nodo della ripartizione dei costi. Con due rischi concreti: che al dunque volino i piatti; e soprattutto, che alla fine la candidatura italiana venga bocciata per manifesta inettitudine.
In tutto questo bailamme, l’inserimento di Cortina nel braccio di ferro fra Torino e Milano sulla carta ha titoli indiscussi. Nella pratica, solleva qualche interrogativo, a partire dall’aspetto logistico di un evento diffuso come quello cui si pensa per il 2026. Già da tempo l’Anas ha fatto sapere che per i mondiali 2021 (vinti dalla “perla delle Dolomiti”, è bene ricordarlo, per mancanza di concorrenti dopo cinque tentativi falliti), alcune delle infrastrutture previste e necessarie non saranno pronte; e che atleti, tecnici, dirigenti, giornalisti, pubblico, dovranno fare i conti con cantieri aperti. Le cronache di queste ore hanno appena riproposto il tormentone di un territorio che quando piove forte va a pezzi, proprio a ridosso di Cortina; e i casini dello scorso inverno hanno assunto un rilievo nazionale per il colossale tilt del traffico in seguito a un’intensa nevicata: fragorosa replica di quanto accaduto quattro anni prima. Il punto è che ci sono nodi strutturali in attesa da decenni di essere affrontati, senza doversi aggrappare ai grandi eventi. E se mai ci fosse un’Olimpiade delle incompiute e dei ritardi, lo scalino più alto del podio sarebbe già assegnato.