Per registrarti all’evento, clicca qui
Era positivo quando si parlava di Nissan-Renault come partner Fca appena pochi mesi fa. Lo è in queste ore per l’ipotesi Peugeot-Citroën.
Alberto Dal Poz, torinese, classe 1972, ingegnere gestionale, è dal 2017 presidente di Federmeccanica. È amministratore delegato della Comec di Alpignano, azienda che ha creato nel 1995.
Ingegner Dal Poz, lo Stato francese ha una partecipazione azionaria che sfiora il 13% in Psa. Metterà i freni anche questa volta?
«Spero di no. Mi pare ci siano rapporti consolidati tra le famiglie Elkann-Agnelli e Peugeot. Tutto va inevitabilmente verso ciò che Marchionne sottolineava: il consolidamento dei player automobilistici, per opportune economie di scala, per complementarità di piattaforme e di mercati, per investimenti in ricerca e sviluppo. Anche quest’anno il mercato italiano chiuderà a -14% o -15%, non dimentichiamolo».
Peugeot è meno aperta a Oriente di Renault. Un guaio?
«Un limite, forse, non un guaio. Ma ragioniamo sui punti di forza. La presenza di Opel, di cui si parla poco, intanto. Significa un legame con la Germania e le sue dinamiche. Certo, i tedeschi soffrono la congiuntura sfavorevole del diesel, ma stanno investendo come non mai nell’ibrido e nelle auto elettriche. I francesi hanno architetture d’avanguardia sul fronte. Questo significa straordinarie opportunità per le nostre filiere, utilissime anche per Maserati e Alfa Romeo. E nel mondo Peugeot ci sono cross over di dimensioni medio-piccole che vedrei benissimo vestiti di made in Italy».
Un asse franco-tedesco-italiano con Detroit. Funzionerà?
«Certo che funzionerà. E ringraziamo che si stia andando avanti con la Tav. L’alleanza, in una prospettiva di medio-lungo termine, potrebbe poi rafforzarsi con un partner orientale di spessore. Che valuterebbe molto bene il collegamento aereo con un hub mondiale come Parigi da cui raggiungere facilmente, con uomini e merci, l’Italia e la Germania».
Le sovrapposizioni di alcuni modelli metteranno a repentaglio produzioni in essere e posti di lavoro?
«Non credo. Fca-Psa appare ai mercati una buona alleanza industriale, strategica dunque. Basta vedere la reazione delle Borse. La differenza, con più brand, la fanno posizionamento e marketing. Ma aggiungo: ben vengano le sovrapposizioni, sono anni che in Fiat non c’è una erede della Grande Punto. Il resto sarebbe a vantaggio di 500 e 500 elettrica o Panda. Alfa e Maserati potrebbero aprire sviluppi all’italian style nell’alto di gamma come Ds».
Fca e Peugeot parlano anche di collaborazione nel settore della mobilità.
«Questo è importantissimo per Torino e il Piemonte, dove i saperi e le capacità della filiera automotive e della meccatronica potranno anche salire in cattedra proprio per la mobility. Ovvio, bisogna che vi sia poi una capacità di attrazione e di appeal del sistema tutto: occorre svegliarsi».
Quindi, a suo avviso, il futuro di Torino non è rinviato?
«Il futuro di Torino esiste e deve trovare radici ancora nell’industria. Il Rapporto Rota ha fatto bene a provocare con quel titolo. Abbiamo perso partite importantissime come le Olimpiadi 2026 e a molti imprenditori come me brucia tuttora e parecchio».
Tra pochi giorni inizieranno le trattative per il rinnovo del contratto di Federmeccanica. La fusione Fca-Peugeot potrebbe favorire il dialogo?
«Non entro nel merito della contrattazione e delle scelte recenti di Fca. Tuttavia, per l’indotto e le nostre filiere, dico che questo nuovo scenario può essere una interessante opportunità per aprire lo sguardo se non altro a una prospettiva più europea».
*La Repubblica Torino, 31 ottobre 2019