Conti correnti, libretti di risparmio, depositi, rapporti bancari di ogni genere. Gli uomini del Nucleo di polizia economica di Genova stanno cercando di districarsi nel complesso mondo finanziario della Lega, centrale e periferica. Un’indagine che al momento ha fissato l’ordine di grandezza del sistema: una quarantina di istituti di credito nei quali sono stati aperti quasi cento conti di varia natura. I numeri danno l’idea del lavoro che sta affrontando la procura, dove è stato aperto un fascicolo per riciclaggio del quale si sta occupando la Finanza. Non ci sono indagati, ha detto il procuratore capo Francesco Cozzi, che nei giorni scorsi aveva precisato come questi movimenti di denaro «possano essere anche leciti, si tratta di verificarlo».
Il fascicolo è stato aperto sulla base della denuncia di un ex revisore dei conti della Lega, Stefano Aldovisi, condannato il 24 luglio 2017 al processo per i cosiddetti «rimborsi truffa» che ha visto sul banco degli imputati anche il vecchio leader del Carroccio Umberto Bossi e l’ex tesoriere Francesco Belsito. Alla sentenza aveva fatto seguito, il 4 settembre, un sequestro preventivo di 49 milioni di euro, considerato dai giudici il prezzo della truffa che si sarebbe consumata fra il 2008 e il 2010. Ma gli investigatori nelle casse della Lega di milioni ne hanno trovati solo 3.
«Al 31 dicembre del 2011 nel bilancio del movimento politico c’era un attivo di 47.791.649 euro, dei quali 20,3 in titoli e 12,8 milioni di liquidità», ha scritto Aldovisi nel suo esposto chiedendo alla procura di indagare sui flussi di denaro che nei sei anni successivi hanno portato a prosciugare le casse del Carroccio. L’ex revisore ha suggerito al pm un servizio del settimanale L’Espresso nel quale si parla 19,8 milioni di euro trasferiti dai conti di due banche di riferimento del partito, la filiale Unicredit di Vicenza e la sede milanese della Banca Aletti, «per essere messi in sicurezza». La segnalazione di Aldovisi non è disinteressata, naturalmente. L’uomo dei conti della Lega del Senatùr sta infatti tentando di recuperare i 40 mila euro che gli sono stati sequestrati il 30 novembre scorso come conseguenza della condanna. In sostanza, Aldovisi sostiene che il denaro esiste, basta cercarlo, e l’indagine sul riciclaggio punta a questo. E incrocia inevitabilmente lo strascico del processo per i rimborsi pubblici, rispetto al quale la procura potrebbe dover presto recuperare quei 49 milioni, forte della sentenza della Cassazione che ha affermato il principio dei sequestri sulle entrate future del partito e dell’ «ovunque si trovi il denaro e presso chiunque». Principi che devono però essere prima recepiti dal tribunale del Riesame e poi diventare esecutivi.
Senza aspettare quella data, la Guardia di finanza va a caccia del denaronell’ambito dell’inchiesta sul riciclaggio. Imbattendosi in un labirinto di bonifici, prelievi, giroconti, da una banca all’altra, dal centro alle periferie. È spuntata la bolzanina Sparkasse dell’epoca Maroni, la Popolare di Vicenza e molte altre banche: una quarantina appunto. Sono state avviate rogatorie con l’estero e si cerca di capire il legame economico fra la vecchia Lega e la «Lega per Salvini premier», che è un soggetto autonomo. «Però attenzione — hanno avvertito prudentemente in procura — possono essere movimenti regolari».