L’Emilia-Romagna colloca 73 imprese fra i 500 nuovi champions del made in Italy individuati da L’Economia del Corriere della Sera, Italypost e Special affairs grazie a una recentissima indagine. Il terzetto di testa è guidato dalla Lombardia con 142 imprese, seguita dal Veneto con 99: è dunque un’ulteriore conferma del nuovo triangolo industriale emerso negli ultimi anni. Il fatturato aggregato dei champions emiliano-romagnoli ha superato, a fine 2016, i 3,2 miliardi di euro: se fosse un’unica azienda, si collocherebbe nella classe delle multinazionali. Ma un’unica gigantesca azienda non è; anzi, è vero il contrario, perché il capitalismo italiano è essenzialmente — nel Nord-est più che altrove — un modello di imprenditorialità diffusa, che tuttavia si sta sempre più polarizzando intorno a imprese leader.
Queste 500 storie di successo sono uno dei volti con cui si esprime, nei distretti e nelle filiere, la tendenza alla leadership. I champions sono accomunati da alcuni profili caratteristici. Innanzi tutto quelli oggettivi (economico-finanziari), cioè l’impegnativa asticella da superare per entrare nella nuova élite della piccola e media impresa italiana. Partendo dalle oltre 14.000 società di capitali con un fatturato compreso tra 20 e 120 milioni di euro, scese poi a circa 5.400 quando si sono prese in considerazione quelle con un rating ottimo, si richiedevano una crescita media annua di oltre il 7% del fatturato nel periodo 2010-2016, una redditività media della gestione caratteristica superiore al 10% nell’ultimo triennio, una solidità patrimoniale assai accentuata. «Il bello di “questa” Italia — ha scritto su L’Economia Raffaella Polato — è che gli utili li reinveste in azienda. Quasi sempre. Spesso per intero».
Pur operando in settori diversissimi fra loro, rilevante dappertutto — specialmente in Emilia-Romagna — è il peso della meccanica/meccatronica. È poi tutto il made in Italy a essere fedelmente rappresentato (alimentare, prodotti per la casa e la persona), senza dimenticare la significativa presenza di settori più innovativi (farmaceutica, biomedicale e Ict). Su tutte, due strategie si distinguono: l’eccellenza nelle produzioni e l’attenzione al cliente; strategie, entrambe, che riceveranno nuovo vigore con la «personalizzazione di massa» di prodotti e processi resa possibile dalle tecnologie di Industria 4.0 e dal crescente contatto diretto fra produttori e consumatori.
*Corriere di Bologna, 27 aprile 2018