C’è grande preoccupazione tra le aziende tedesche che operano in Italia.Sono in tutto 1.900, danno lavoro a 168 mila addetti e valgono 72 miliardi di fatturato ma in questo momento vedono nero sul futuro del nostro Paese. La notizia viene da una ricerca a campione condotta annualmente dalla Camera di Commercio italo-germanica: mentre a maggio del ‘18 solo il 3% delle aziende interpellate valutava negativamente le prospettive di business in Italia, dodici mesi dopo questa percentuale si è impennata fino al 59. La percezione negativa dei capi-azienda delle imprese tedesche si riflette sulle scelte di nuovi investimenti e assunzioni. Il 26% dichiara di non averne in programma o di essere intenzionato a ridurne il volume e il 10% teme persino contraccolpi occupazionali. Dovendo indicare i principali rischi l’80% li individua nel «quadro di politica economica» e il 62% nel «calo della domanda». Commenta Walter Rauhe, presidente della Camera di Commercio: «Auspichiamo che le istituzioni stimolino la fiducia delle aziende per non interrompere il trend positivo fatto registrare negli ultimi anni che ha portato a un successo da record». I dati lo confermano: tra il 2015 e il ‘17 le aziende tedesche in Italia hanno visto crescere i ricavi dell’11% a fronte di una media del 7,5% dell’universo delle imprese e non hanno ridotto gli organici. Che fare, allora? Secondo Jörg Buck, consigliere delegato della Camera di Commercio «sono necessarie iniziative concrete, a partire dalla ripresa del piano Industria 4.0 e da investimenti in R&S, digitalizzazione e intelligenza artificiale». La competizione internazionale si gioca sempre più su questi terreni «e non possiamo permetterci di rimanere indietro e uscire dalle catene del valore» ma «occorre garantire stabilità politica ed economica per rassicurare i mercati». Più chiaro di così si muore.