Fronte comune di Confindustria, Cgil, Cisl e Uil nei confronti del governo sulla crescita del Paese, per mettere in primo piano lavoro, Europa e investimenti. Ieri c’è stato un primo incontro tra le parti per applicare il Patto della fabbrica, rimasto inattuato su rappresentanza, perimetri contrattuali, formazione, welfare e allargare il raggio a tutte le questioni che riguardano lo sviluppo del Paese dall’apertura dei cantieri al fisco per il lavoro.
A giorni verrà avviato un confronto su investimenti, fisco, contratti e autonomia regionale. «Bisogna evitare che l’Europa sia un alibi per non fare le cose che servono al Paese», ha detto il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che ha rilanciato la «politica dei fini»: cioè «individuare le grandi missioni politiche e far derivare da queste strumenti e finanziamenti. Grandi obiettivi da porre all’attenzione dell’opinione pubblica, rilanciando il ruolo delle parti sociali». La priorità è il lavoro, cuore del Patto della fabbrica. Da raggiungere, come Boccia sta dicendo da tempo, con un taglio al cuneo fiscale a vantaggio dei lavoratori e rilanciando gli investimenti.
L’incontro, che si è tenuto in Confindustria, è cominciato subito dopo il tavolo tra i sindacati e il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio. In apertura il direttore del Centro studi di Confindustria, Andrea Montanino, ha esposto lo scenario macroeconomico italiano e internazionale, poi ha preso la parola il vice presidente di Confindustria per le relazioni industriali, Maurizio Stirpe, che ha ripercorso i punti cardine del Patto della fabbrica. Quindi sono intervenuti i tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Annamaria Furlan, Carmelo Barbagallo, e a seguire Boccia.
C’è una comune preoccupazione, tra imprenditori e sindacati, per i segnali negativi che arrivano dall’economia e la volontà di dare un contributo all’azione di governo. Per la Cgil è utile questo lavoro comune per trovare convergenze sulle politiche economiche, industriali, sul rilancio degli investimenti, su una politica fiscale rivolta ai lavoratori e pensionati, sulla decontribuzione del lavoro dipendente, affrontare anche la questione salariale. Oltre a far sì che gli accordi interconfederali sottoscritti su rappresentanza e modello contrattuale diventino pienamente operativi. Per Furlan «serve una riforma fiscale che premi il lavoro e agevoli lo sviluppo, il quadro economico è profondamente mutato, abbiamo il dovere di indicare un nuovo percorso di crescita». In previsione del prossimo incontro dell’8 aprile, a giorni partiranno due tavoli, sull’aggiornamento del Patto della fabbrica (dove si parlerà anche di salario minimo, in parallelo al tavolo del ministero del Lavoro), e uno più “politico” su Europa e sviluppo per elaborare le proposte da presentare al governo. «Vogliamo dare attuazione concreta al Patto della fabbrica e al nostro impegno per la ripresa economica del Paese» ha commentato Barbagallo. La certificazione della rappresentanza datoriale, introdotta dall’accordo del 9 marzo 2018, si scontra con la resistenza delle associazioni restie a farsi misurare, ed è congelata la misurazione della rappresentatività sindacale per il mancato rinnovo della convenzione con l’Inps da parte del ministero del Lavoro. Confindustria e sindacati premono perchè l’accordo venga recepito in una legge sulla rappresentanza.