Il grosso degli economisti italiani non ama i distretti ma fortunatamente si continua a monitorarli. E ieri IntesaSanpaolo ha mostrato in pubblico i risultati di un’indagine che abbraccia circa 10 anni dal 2008 al 2016 ed è basata sull’esame di 72 mila aziende (messe assieme rappresentano 615 miliardi di fatturato). La cornice nella quale inserire tutto ciò è data dalla ripresa estremamente vivace nel triangolo Lombardia/Veneto/Emilia al punto che recenti rilevazioni di Unioncamere hanno fatto parlare di «livelli cinesi». Secondo Gregorio De Felice, capo economista della banca non è così, «parlerei di una ripresa a ritmi tedeschi evidenziata da una crescita del Pil pro-capite più alta che in Germania». I distretti, negli anni presi in esame, sono cresciuti di gran lunga più della media delle imprese (+10,2 contro 5,9%) e nelle previsioni 2018 e 2019 sono pronosticati in ulteriore aumento di fatturato rispettivamente +2,8% e +3%.
Detto del fatturato è interessante anche scomporre i comportamenti degli imprenditori. Nelle aree distrettuali è cresciuta nel periodo 2008-16 più che altrove la produttività del lavoro (+53,6% contro 50%) e anche l’Ebitda è stato migliore. Tra i sistemi locali che svettano nelle performance c’è al primo posto l’occhialeria di Belluno seguita dalla gomma del Sebino-Bergamasco, dal Prosecco veneto, dai salumi di Parma e alla meccatronica dell’Alto Adige. Bisognerebbe però ponderare la presenza in loco delle multinazionali ex-tascabili visto che l’insediamento Luxottica finisce per condizionare il risultato di Belluno. In generale comunque le filiere agro-alimentari appaiono le più brillanti. Meritevole di rilievo è il risultato delle politiche per il 4.0: il 60% delle imprese della meccanica ha fatto acquisti di tecnologie Ict nel 2017 e la differenza tra le grandi aziende e le piccole non è cosi ampia come si poteva pensare (80,1% contro 65%). Hanno comprato tutti — persino le micro imprese — e in più le transazioni hanno premiato i distretti tecnologici limitrofi e non sono andate solo a beneficio delle imprese straniere.
Però la novità forse più intrigante del monitor curato dalla direzione studi e ricerche di IntesaSanpaolo riguarda la dimensione media delle imprese, ritenuta da sempre il tallone d’Achille del nostro sistema industriale. Incrociando i dati sulla numerosità delle imprese e la dimensione media del loro fatturato si arriva a dire che le piccole sono diventate meno piccole e le grandi un po’ più grandi. A determinare questa concentrazione sono le scelte virtuose di imprenditori che si sono modernizzati dotandosi di marchi e usando le certificazioni. Ma l’aumento della dimensione media quanto è dovuto agli effetti della Grande Crisi che ha messo fuori mercato le più piccole e quanto da scelte di aggregazione? «La crescita dimensionale non è stata pilotata, l’abbiamo ritrovata per effetto di fusioni e acquisizioni delle aziende in difficoltà» è la risposta di De Felice.