Sembrava un capitolo destinato a rimanere fuori dalla Legge di Bilancio, la vecchia Finanziaria. E invece il taglio del cuneo fiscale, cioè delle tasse sul lavoro, torna nella lista delle riforme candidate a trovare un posto nel provvedimento da approvare entro la fine dell’anno. Il problema è trovare le risorse. Ed è per questo che l’ipotesi allo studio è quella di un taglio selettivo. Non per tutti. Con il vantaggio di ridurre il costo a carico dello Stato che dovrebbe compensare il minor gettito causato proprio dal taglio delle tasse. Il ministro del Lavoro Luigi Di Maio, intervistato dal Sole 24 ore, si limita a dire che l’intervento ci sarà. Ma come funzionerebbe nella sua versione « selettiva»?
Aziende innovativeLo «sconto» riguarderebbe solo le aziende innovative, quelle del Piano impresa 4.0, con incentivi fiscali per gli investimenti come l’iper e il super ammortamento. Il taglio delle tasse sul lavoro riguarderebbe solo i nuovi contratti stabili, lasciando fuori quelli a termine. E sarebbe strutturale, cioè non varrebbe solo per uno o due anni ma per sempre. Con la necessità, quindi, di trovare una copertura altrettanto strutturale, che regga nel tempo. Quale sarebbe l’ammontare del taglio?
Le due ipotesiAl momento le ipotesi sono due: una più prudente, l’altra più avanzata. La più prudente, e forse più probabile, prevede un taglio di cinque punti che farebbe scendere il peso del cuneo fiscale dal 33 al 28% del costo a carico dell’azienda per singolo lavoratore. In questo caso sarebbe necessario trovare circa 750 milioni di euro nella prossima Legge di Bilancio. L’ipotesi più avanzata, invece, prevede un taglio di 10 punti, che farebbe scendere il peso del cuneo dal 33% al 23%. Uno sconto doppio, ma doppie sarebbero anche le risorse da trovare, circa 1,5 miliardi di euro. Come finirà?
La scelta finaleLa scelta tra le due ipotesi, ma anche la decisione a monte sul procedere oppure no con il taglio del cuneo, dipenderà da come si comporrà quel grande mosaico che è la Legge di Bilancio, quest’anno ancora più complesso che in passato viste le tante riforme promesse. Il taglio del cuneo non è una bandiera come la flat tax per la Lega, il reddito di cittadinanza per il Movimento 5 Stelle, e l’intervento sulle pensioni, promesso da tutte e due i partiti di governo. Ed è anche meno «pop» agli occhi dell’elettore medio. Se le risorse non dovessero bastare potrebbe essere sacrificato proprio per salvare l’avvio delle riforme più importanti previste dal contratto di governo. Ma negli ultimi giorni, all’interno del governo, si sta facendo largo una linea diversa. L’intervento sul cuneo fiscale era stato promesso dal governo prima della pausa estiva, nei giorni in cui il Parlamento stava approvando il cosiddetto decreto «dignità», quello con la stretta sui contratti a termine che aveva portato allo scontro con Confindustria, oltre che a un certo mugugno nella sponda leghista della maggioranza.
Il mondo delle impreseIl taglio del cuneo sarebbe anche una mossa per ricucire con Confindustria che, non a caso, negli ultimi giorni ha abbassato i toni di una protesta che prevedeva anche la possibilità di una manifestazione di piazza. Tagliare il costo del lavoro sui contratti stabili potrebbe essere anche la prosecuzione logica del decreto dignità, perché dopo aver reso più cari i contratti a termine si renderebbero meno cari per le imprese quelli stabili. E in più, limitato alle aziende innovative, sarebbe anche un intervento di politica industriale, per spingere il lavoro proprio verso quelle aziende che hanno più margini di crescita. Non sarà una bandierina da piantare sul testo della Legge di Bilancio, insomma. Ma i motivi per procedere non mancano.