Fallisce l’ultima mossa di Carlo Calenda per l’Ilva. Il tentativo in extremis del ministro dello Sviluppo del Governo uscente di ricomporre la frattura del tavolo sindacale trova l’opposizione dei sindacati. Ora il confronto tra le parti rischia di entrare in una terra incognita. È stato lo stesso Calenda, ieri in un comunicato, a mettere in guardia dai rischi di una mancata riconvocazione a stretto giro del tavolo. In primo luogo l’amministrazione straordinaria non può garantire l’operatività del gruppo in eterno, perchè «la cassa di Ilva – ha detto ieri Calenda – si esaurirà a luglio». Esiste inoltre l’eventualità, secondo quanto ha spiegato il ministro, che Am Investco Italy (è la cordata che si è aggiudicata gli asset di Ilva) «proceda direttamente alle assunzioni rinunciando alla condivisione di un accordo sindacale». L’ultima variabile da decifrare è quella politica: «a questo punto il dossier passa al nuovo Governo» conclude la nota del Mise. E i parlamentari dell’M5s di Taranto ieri hanno replicato a stretto giro: «Siamo già al lavoro». Secondo il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, intanto «va recuperato buon senso, perché è un grande investimento che parte dal Mezzogiorno, che ha bisogno di occupazione. Bisognerebbe stare più attenti e attrarre investitori».
La trattativa tra il sindacato e la delegazione di Am Investco Italy si era interrotta lo scorso 26 aprile. «Non ci sono le condizioni per proseguire» avevano dichiarato Fim, Fiom e Uilm, gelati dalla «volontà di Am Investco di non volersi smuovere da quanto previsto dal contratto di aggiudicazione del 5 giugno, confermando una proposta occupazionale al di sotto dei 10mila lavoratori fino all’attuazione del piano industriale per tornare successivamente a 8.480. I sindacati chiedono tutele per tutta la forza lavoro, pari a circa 13.700 occupati.
Ieri Calenda, reduce da un confronto nei giorni scorsi con i vertici di ArcelorMittal – controlla la cordata aggiudicatrice – ha formulato ai sindacati una proposta che prevede, sul piano occupazionale l’impegno di Am ad assumere 10mila lavoratori a tempo indeterminato, con un vincolo a non licenziare di cinque anni (nelle procedure di amministrazione straordinaria questo vincolo è di due anni). Am si impegna inoltre, fino a giugno 2021, a trasferire lavoro per non meno di 1.500 addetti a tempo pieno a una nuova società di servizi costituita da Ilva e Invitalia. Oltre che delle attività esternalizzate, questa newco (aperta alla partecipazione di altri soggetti pubblici e privati) si occuperà delle bonifiche. Su queste attività saranno impegnati a rotazione anche i restanti lavoratori in Cigs di Ilva non trasferiti ad Am Investco. La società in amministrazione straordinaria avrà inoltre a disposizione 200 milioni di euro per mettere in campo strumenti per la gestione degli esodi, come per esempio incentivi, outplacement, autoimprenditorialità, accompagnamento alla quiescenza.
Netta la bocciatura del sindacato, sia sul piano politico che nel merito. «A fronte della proposta che ci è stata presentata abbiamo mantenuto la nostra posizione – ha spiegato ieri il leader della Uilm, Rocco Palombella -. I piani industriali e ambientali sono incoerenti con i 4mila esuberi, le nostre richieste sono rimaste inascoltate, il testo proposto non è rappresentativo del nostro negoziato. Se i punti inseriti nel documento non sono negoziabili, non ci sono le condizioni per un accordo». Francesca Re David (Fiom) ribadisce la volontà di «riprendere il negoziato, senza vincoli predeterminati». Per Marco Bentivogli (Fim) ora «bisogna ricompattare il sindacato su posizioni utili».