Il futuro dell’Ilva si deciderà nelle prossime 72 ore. E non dipenderà né dalle decisioni del governo, né da quelle di ArcelorMittal. Ancora una volta, nella storia del siderurgico più grande di Europa, a dettare l’agenda sarà la magistratura: il tribunale del Riesame che dovrà esprimersi sulla richiesta di dissequestro di Afo2, l’altoforno che il tribunale di Taranto ha ordinato di spegnere perché troppo pericoloso per i lavoratori. Ma che è il cuore del piano industriale di Mittal: se non possono utilizzarlo, gli indiani andranno via. Questa storia si trascina dal 2015, quando un operaio, Alessandro Morricella, fu travolto e ucciso da una colata di ghisa incandescente mentre ne controllava la temperatura, il tribunale di Taranto ha ordinato ai custodi di effettuare lavori per la messa in sicurezza dell’impianto. Un compito che, dopo la cessione del ramo d’azienda ad Arcelor, è rimasto ancora in capo ai commissari. Che non lo hanno completato. Per questo, nonostante il parere favorevole della Procura e una relazione positiva da parte del custode giudiziario, Barbara Valenzano, il gip del tribunale di Taranto, Francesco Maccagnano, due settimane fa non ha concesso la proroga per i lavori di messa in sicurezza. Ordinando lo spegnimento dell’impianto.
Senza Afo2, però, nessun piano industriale — nemmeno quello che Mittal e governo stanno trattando — potrà essere messo in pratica. E soprattutto, senza la possibilità di utilizzare Afo2, i franco-indiani avrebbero un’autostrada giudiziaria aperta nel giudizio civile: alla base del contratto di fitto di ramo d’azienda c’era infatti la possibilità di utilizzare l’altoforno, dopo i lavori compiuti dai commissari. Commissari che contestano la decisione del tribunale di spegnere l’Altoforno e per questo si sono rivolti al Riesame con un lungo ricorso, firmato dagli avvocati Filippo Dinacci e Angelo Loreto. La struttura commissariale chiede una proroga di nove mesi, quelli necessari per poter mettere in marcia un sistema di sicurezza previsto dalle prescrizioni di sicurezza. Soprattutto i commissari contestano la lettura del giudice che ritiene l’Altoforno troppo pericoloso per i lavoratori: sostengono infatti che la sicurezza è già garantita e che, comunque, sono già sul tavolo i 10 milioni necessari per assecondare tutte le prescrizioni previste.
Se concedere questi 270 giorni o meno ai commissari, lo decideranno lunedì 30 i giudici del Riesame. Che la strada sia molto stretta, o comunque assai incerta, lo sa benissimo anche il premier Giuseppe Conte che sta seguendo in prima persona il dossier Ilva come ha dimostrato nella sua visita del 24 dicembre al siderurgico. A fronte del preaccordo firmato tra commissari e azienda, che ha portato al rinvio della causa civile di Milano a febbraio, Conte ha deciso comunque di metterci la faccia e di prepararsi a ogni possibilità, se il Riesame dovesse spegnere Afo2, dando così ad Arcelor la carte giusta per andare via da Taranto. «Per ora la dottoressa Morselli — ha detto Conte proprio alla numero uno di Arcelor, che con lui ha partecipato al Consiglio di fabbrica, il giorno della vigilia di Natale — è la mia antagonista. Lei sa che abbiamo 30 giorni di tempo per elaborare un nuovo piano industriale. Diventeremo partner solo con un piano industriale condiviso». Conte ha tracciato la strada: «Dovremo garantire gli obiettivi e fare in modo che i lavoratori vengano qui e sentirsi nelle condizioni di non creare un dramma familiare, che non vengano guardati in malo modo dai loro stessi parenti perché lavorano in uno stabilimento tossico e nocivo che crea problemi alla salute dei cittadini. Dobbiamo puntare a uno stabilimento innovativo a livello mondiale». Come farlo? «Non ci dobbiamo prendere in giro, il diritto alla salute — ha detto Conte — deve venire prima. Se facciamo una scala di valori la salute è prioritaria, poi vengono l’ambiente e il lavoro. Si può tenere tutto insieme. Ma è necessaria una grande determinazione, impegni finanziari, progettualità e ovviamente serve anche la parte dello Stato». L’idea è quella di un “piano che sia sostenibile dal punto di vista economico e finanziario”, che viri verso la decarbonizzazione. Per cominciare però bisogna aspettare lunedì. E — ancora una volta nella storia dell’Ilva, dove la politica ha sempre abdicato al proprio mestiere — la parola di un magistrato.