La lunga notte dell’Ilva si è chiusa con l’applauso liberatorio delle 8.11 del mattino. Dopo quasi 18 ore di trattativa che hanno portato — tra pause, nervosismi, speranze e timori di non farcela per il poco tempo a disposizione — all’accordo. Si era partiti, al tavolo del ministero dello Sviluppo economico, poco dopo le 14 di mercoledì con una proposta da «lavorare meno per lavorare tutti»: 10.300 le assunzioni garantite da ArcelorMittal con l’impegno ad assorbire gli esuberi ma solo a costo del lavoro invariato, con la riduzione dell’orario lavorativo.
Negoziato non stop
Dopo il no secco dei segretari generali di Fiom-Cgil, Francesca Re David, di Fim-Cisl, Marco Bentivogli, e della Uilm, Rocco Palombella, è partita l’estenuante trattativa, al culmine della quale è arrivato il risultato di 10.700 assunzioni (con articolo 18) a fronte degli attuali 13.522 dipendenti di Ilva. Con l’impegno, però, di ArcelorMittal, ad assorbire senza condizioni, dal 2023 al 2025, tutti gli esuberi che dovessero risultare dopo il piano di esodi incentivati per il quale il Mise mette a disposizione 250 milioni, pari a 100mila euro lordi pro capite fino a 2.500 dipendenti.
La spinta del ministro
Arrivare all’accordo non è stato facile. A dare la spinta definitiva all’intesa è stata la discesa in campo del vicepremier Luigi Di Maio. Intorno alle 5 del mattino il ministro dello Sviluppo economico (e del Lavoro) ha chiamato nel suo ufficio, in momenti separati, le due delegazioni di sindacati e azienda per mettere a fuoco i nodi. Deve aver fatto capire che l’accordo andava chiuso in poche ore, perché il termine ultimo del 7 settembre — quello per decidere se la gara che nel giugno 2017 ha assegnato l’Ilva ad Am Investco, la cordata guidata da ArcelorMittal, fosse ancora da ritenere valida — era imminente. «Lo facciamo, l’accordo lo facciamo», ha cominciato da allora a ripetere Palombella. E alla fine, verso le 6 e mezza, si è capito che la strada imboccata era ormai in discesa.
Il nodo dei numeri
Ultimo nodo da sciogliere, il numero delle assunzioni iniziali, 10.500 o 10.700. Ma l’assorbimento degli esuberi, l’ostacolo più alto, quello che il predecessore di Di Maio, Carlo Calenda non era riuscito a superare, era cosa fatta. Tanto da poter già festeggiare con i cornetti caldi. L’11 settembre dell’Ilva, la data in cui era stato fissato lo sciopero in tutti gli stabilimenti, era ormai evitato.
Il voto in fabbrica
Adesso l’accordo sarà sottoposto al referendum dei lavoratori, prima di essere ratificato formalmente. E il 15 settembre, a 15 mesi dall’assegnazione della gara, ArcelorMittal potrà fare il suo ingresso in Ilva. «Non vediamo l’ora — ha commentato il presidente Aditya Mittal — perché l’azienda richiede investimenti urgenti per le sfide ambientali e operative». Oggi è l’inizio — gli ha fatto eco Matthieu Jehel, amministratore delegato di Am Investco — di un lungo percorso per fare dell’Ilva una impresa più forte e più pulita».
Il piano ambientale
Anche sull’ambiente sono stati fatti passi avanti: l’aumento della produzione di acciaio oltre 6 milioni di tonnellate annue sarà condizionato a emissioni di polveri che non superino i livelli collegati a quota 6 milioni; e la copertura di metà del parco minerale più vicino al quartiere Tamburi di Taranto sarà anticipata ad aprile 2019 (il resto al 2020).