Il segnale “politico” c’è stato. Ma per tradurlo in pratica restano da sciogliere numerosi nodi “tecnici” per cercare di raggiungere un accordo quadro prima dell’udienza di venerdì nel negoziato tra ArcelorMittal, governo e commissari straordinari. Nodi non facili da superare, tanto che l’incontro in programma per ieri sera è slittato ad oggi.
Come anticipato dal Sole – 24 ore, ieri Giuseppe Conte ha incontrato a Londra il numero uno di ArcelorMittal, Lakshmi Mittal, per discutere del dossier dell’ex Ilva di Taranto, a margine della presentazione del vertice sul clima Cop26, nella stessa giornata in cui ha avuto un colloquio con il premier britannico Boris Johnson. Conte ha definito utile l’incontro con Mittal, che si è svolto nell’Ambasciata italiana di Londra ed è durato un’ora, subito prima della partenza del premier per Bruxelles. «L’incontro non è servito a negoziare i dettagli, però è stato utile per ribadire le linee strategiche di fondo di questo negoziato – ha detto Conte al termine -. Ci siamo aggiornati. Ovviamente ci sono gli staff dei negoziatori e legali rispettivi che stanno lavorando. Stiamo definendo il piano industriale. Si stanno creando le premesse per l’ingresso del pubblico, perchè ci sarà un investimento pubblico». Il riferimento è al piano del governo di ingresso nel capitale di AmInvestco, che vedrebbe la partecipazione del Tesoro, insieme alle banche chiamate a trasformare i crediti in equity (in primis Intesa SanPaolo), lasciando il 51% ad ArcelorMittal. Il problema è che si sta attendendo ancora la valutazione di AmInvestco e sono in corso colloqui con le banche per cercare di coinvolgerle. Uno degli ostacoli da superare al tavolo è rappresentato proprio dalla definizione dei punti dell’Investment agreement che il governo vorrebbe concluso in 12 mesi. E dovrebbe essere seguito nei 15 mesi successivi dalla definizione di tutte le questioni (dissequestro sito, prescrizioni Aia), propedeutiche alla operatività del piano industriale.
L’obiettivo, ha ribadito Conte, è quello di raggiungere un accordo quadro entro la scadenza del 7 febbraio, quando è fissata l’udienza al Tribunale di Milano sul ricorso presentato dai commissari contro il recesso della multinazionale dalla gestione del sito siderurgico (opera attualmente con contratto di affitto). Il premier ha riconosciuto che venerdì «in Tribunale bisogna andarci, ma sarebbe bene arrivarci con un accordo», riscontrando l’esistenza di obiettivi condivisi: «Ci siamo soffermati molto anche su aspetti tecnici per quanto riguarda la transizione energetica – ha aggiunto-. Vogliamo che questo sia uno degli stabilimenti più innovativi al mondo per la transizione industriale ed energetica». Più tardi a Bruxelles, con la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, Conte ha parlato della possibilità di usare il Just transition fund europeo (Fondo per la transizione giusta) anche per Taranto. In particolare è oggetto del negoziato con ArcelorMittal sul nuovo piano industriale, la proposta del governo che al 2023 punta alla creazione di due forni elettrici per la produzione di 2,6 milioni di tonnellate di acciaio da preridotto (il Dri si ottiene mediante processi basati sull’utilizzo del gas naturale che non coinvolgono il carbon fossile), affiancato dal rifacimento dell’altoforno 5 (affiancato dall’Afo 4 e dallo spegnimento e dismissione dell’Afo 1 e 2) per arrivare a 8 milioni di tonnellate annue. A gestire i forni elettrici sarebbe una Newco, posta fuori dal perimetro di Ami, che nei piani del governo vedrebbe la partecipazione dei principali produttori di acciaio; trattandosi di una tecnologia a basso impatto ambientale, potrebbe essere finanziata con i fondi Ue per la decarbonizzazione. Un piano complesso, dunque, con un orizzonte temporale che si allunga oltre il 2023 e che tra i nodi da sciogliere, ha anche quello degli esuberi.
Intanto il giudice monocratico del Tribunale di Taranto Loredana Galasso ha dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione nei confronti dell’ex commissario straordinario dell’Ilva Enrico Bondi e dell’ex direttore di stabilimento Antonio Lupoli, imputati per getto pericoloso di cose e attività di gestione di rifiuti non autorizzata contestati fino all’1 agosto 2015.