Duro botta e risposta tra il vicepremier Luigi Di Maio e la società Atlantia, concessionaria di 2.850 chilometri della rete autostradale. È stato Di Maio a dar fuoco alle polveri, bruciando così le residue possibilità di un compromesso tra il governo e il gruppo che fa capo alla famiglia Benetton, che avrebbe visto da un lato l’esecutivo rinunciare alla revoca delle concessioni autostradali ad Atlantia in seguito al disastro del ponte Morandi e dall’altro la stessa società correre in soccorso di Alitalia.
Parlando in tv, a Porta a Porta, proprio della compagnia aerea da salvare, Di Maio ha sostenuto che il governo ha già trovato tre possibili acquirenti, le Ferrovie dello Stato, l’americana Delta e il ministero dell’Economia, mentre ha escluso che il quarto socio necessario per concludere l’operazione possa essere Atlantia: «Se abbiamo detto ai funerali delle vittime del ponte che revocavamo le concessioni, il giorno in cui il governo lo farà i Benetton perderanno azioni e valore». A quel punto, ha concluso, «se mettessimo Atlantia dentro Alitalia, metteremmo in difficoltà anche Alitalia». E non ha risparmiato frecciate alla Lega che invece si è spesa per il compromesso con Atlantia: «Sulla vicenda del ponte mi sorprende che qualcuno stia con i Benetton. Se revochiamo le concessioni finisce che mettiamo dentro un’azienda decotta», ha concluso Di Maio incurante del fatto che Atlantia è quotata in Borsa e che l’inchiesta della magistratura sul ponte Morandi è ancora in corso.
Inevitabile e durissima la replica della società. «Le dichiarazioni del vice presidente Di Maio perturbano l’andamento del titolo Atlantia in Borsa, anticipando la presunta conclusione di un procedimento amministrativo che il ministro Toninelli ha affermato “essere ancora in corso” (il riferimento è alla eventuale “caducazione” della concessione autostradale, ndr.), e determinano gravi danni reputazionali per la società, che si riserva di attivare ogni azione e iniziativa legale a tutela dei propri interessi, dei dipendenti, degli azionisti, dei bondholders e degli stakeholders tutti.Si ricorda che, sulla base del contratto di concessione in essere, ogni ipotesi di revoca – ove mai ne venissero accertati i presupposti – richiederebbe il previo pagamento del valore della concessione, nei termini contrattualmente previsti e approvati per legge. Si ricorda infine che Atlantia è leader mondiale nelle concessioni autostradali e aeroportuali, con oltre 14 mila chilometri di rete e 30 mila dipendenti nel mondo».
Che il conflitto sia insanabile lo dimostra la controreplica di Di Maio: «I Benetton hanno minacciato di querelarmi perché – a loro dire – le mie dichiarazioni su Alitalia potrebbero danneggiare il loro titolo in borsa. I Benetton sono stati più veloci a rispondere al sottoscritto che a chiedere scusa ai familiari delle vittime di Genova. Se a questi gruppi di potere tocchi il portafogli è la fine. E se qualcuno vuole sfilarsi, problema suo». Ancora più esplicito, prima di Di Maio, era stato il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli: «Non vorrei che la Lega facesse l’avvocato dei Benetton». Ma il Carroccio non ci sta. «Prima di dire che le aziende sono decotte bisogna avere in testa che ci sono in ballo migliaia di posti di lavoro», ha replicato Matteo Salvini in tv a Dritto e Rovescio, aggiungendo che sulla tragedia del ponte Morandi «chi ha morti sulla coscienza paga e pagherà, ma non faccio il giudice». Lo stesso Salvini mercoledì a Porta a Porta, sull’ipotesi dell’ingresso di Atlantia in Alitalia aveva detto: «A me non piacciono i pregiudizi. Su Alitalia ci sono 11 mila posti di lavoro, non possiamo permetterci di portare i libri in tribunale». Dopo lo scontro sull’Ilva (resta il «no» all’immunità per ArcelorMittal, acquirente dell’Ilva, su eventuali reati ambientali), quello su Atlantia non fa che allontanare sempre di più Lega e 5 Stelle.
Si schierano contro Di Maio le opposizioni. «Sorprende che usi termini come “decotto” per un gruppo con quasi 31 mila dipendenti», dice Raffaella Paita (Pd). «Di Maio – attacca Mara Carfagna (Fi) – turba il mercato finanziario». Si appella a Giuseppe Conte il leader di Confindustria, Vincenzo Boccia: «Chiarisca a nome di tutto il governo la linea su questi delicati dossier per evitare che venga compromessa, come nel caso dell’ex Ilva, la credibilità del Paese e la certezza del diritto».