Attivista civile, oltre che scrittore, attività che svolge al di fuori dei suoi romanzi, perché “lo scrittore non viene ascoltato”, Sandro Veronesi è l’unico autore italiano, insieme a Paolo Volponi che lo ha vinto nel 1965 e nel 1991, ad essersi aggiudicato per ben due volte il Premio Strega: nel 2006 con “Caos Calmo” e nel 2020 con “Il colibrì”, libro con cui era stato già ospite lo scorso giugno a San Benedetto insieme agli altri finalisti del Premio Strega poco prima della proclamazione del vincitore.
“Non si sa da dove nascono i libri” ha esordito Veronesi. “Tu hai un’idea, un progetto, ma quando nasce l’idea è già successo qualcosa prima, ed è quello il vero inizio. C’è un’adiacenza tra questo e i miei romanzi precedenti. È come se con questo romanzo io avessi recuperato quel materiale che non avevo trattato o approfondito prima, soprattutto il dolore che era rimasto in sospeso. Il dolore non ha padroni, è di tutti, occupa uno spazio dentro di noi, che ne incameriamo una certa quantità” ha continuato. “C’è voluto molto coraggio per scrivere “Il Colibrì”, il coraggio di affrontare quei dolori che non avevo affrontato nei romanzi precedenti”.
“Il Colibrì” è Marco Carrera, il protagonista del romanzo, un uomo che vive tra continue sospensioni, coincidenze fatali, perdite terribili e amori assoluti, senza, però, precipitare mai fino in fondo: “Il colibrì è colui che mette tanta energia anche per rimanere fermo, perché talvolta restare è anche più faticoso ed eroico che andare”.
Un libro che “è stato scritto come lo leggete” ha spiegato l’autore: “Io scrivevo quello che volevo, spesso senza un nesso o uno sviluppo cronologico, facendo alternare la voce narrante a lettere, messaggi, telefonate, elenchi di oggetti che costituissero, a loro volta, una voce oggettiva e facessero da intercapedine tra i fatti narrati. Non ho rispettato le regole, non ho seguito una scaletta e questo è stato un gesto di libertà e di liberazione che ho provato io per primo e che, in qualche modo, ha poi travolto anche il lettore. Per questo, scrivere questo romanzo è stato un atto liberatorio”.
Oltre al dolore, altro tema portante del romanzo è l’amore. E a proposito di amore, Sandro Veronesi ha dichiarato:” Molte persone non vivono o non hanno vissuto l’amore della propria vita”, proprio come accade al protagonista del romanzo, che vive un amore non consumato che non è, però, né negato e né vissuto.” L’amore è un atto di coraggio che non sempre entrambi si possono permettere” ha affermato Veronesi. “Talvolta si ha paura, ci si sente nudi o inadeguati e si fugge. Così nascono amori non vissuti, anche se ci si ama follemente”.
E sulla pandemia e le sue conseguenze, Veronesi ha chiuso con una nota dolente:” Le persone sono cambiate in seguito alla pandemia da Covid19 e si comportano con il pianeta in cui viviamo come ha fatto e fa il virus. Non so se riuscirò ad avere più fiducia nell’uomo come ce l’avevo prima: purtroppo siamo diventati dei virus anche nei confronti di noi stessi”. E se c’è ancora una speranza, Veronesi la ripone nella nuova generazione di adolescenti: “L’uomo del futuro è una donna minorenne. La vera novità sarà ascoltare la voce degli adolescenti, gli unici che possono ancora fornirci un esempio comportamentale”.
*RivieraOggi, 27 febbraio 2021