Contemporaneamente alla crisi sanitaria e, più recentemente, alla crisi politica, debutta il libro che potrebbe portare ad una crisi istituzionale: siamo vicini a una tempesta perfetta.
Luca Palamara è diventato l’emblema del malcostume giudiziario. Da una carriera brillante avviata con la presidenza dell’Associazione nazionale magistrati a trentanove anni fino all’elezione nel Consiglio superiore della magistratura arrivando a maggio 2019 quando, all’apice della sua carriera (dopo aver sistemato due suoi candidati nelle alte cariche della Corte di Cassazione), viene accusato di rapporti indebiti con imprenditori e politici e di aver lavorato illecitamente per orientare incarichi e nomine. Verrà poi radiato dall’ordine della magistratura nell’ottobre 2020.
Nel libro promette di raccontare il “Sistema”, il potere della magistratura che gli ha permesso di influenzare la scena politica. Esso non può essere scalfito, chiunque ci provi viene abbattuto a colpi di sentenze o di intercettazioni.
Dato l’incipit sembra chiaro quindi che questo sistema continuerà ad esistere, con o senza di lui. E che anzi, con la sua uscita di scena, il Sistema ha ottenuto l’ennesima vittoria. Le parole dell’ex presidente sembrano quindi un tentativo di apparire come vittima di questo malvagio sistema (nonostante lui ne fosse consenziente se non entusiasta).
Immergendosi nella lettura la magistratura italiana ne esce distrutta; sembra sparita la passione per il proprio lavoro e per i valori che un giudice dovrebbe avere, l’ottenimento della carica per i soli fini di carriera o di status, la “designazione” dei vincitori dei concorsi o le raccomandazioni verso i “figli d’arte”.
Ora non resta che chiedersi se questo quadro rappresenti effettivamente l’immagine della Magistratura, se veramente i magistrati italiani sono solamente impegnati in giochi di potere, come nelle più celebri serie tv, o se in realtà è solo il marcio ad essere stato rappresentato.
Marco Bisogni, sostituto procuratore Dda a Catania, in un articolo di “La Repubblica” dice proprio questo: “Manca il pezzo buono. Il paradosso? Proprio perché eravamo impegnati a spalare fascicoli, abbiamo affidato l’autogoverno della magistratura ai peggiori”.
Un peccato che in un periodo dove la fiducia è ai minimi storici, il cittadino debba perdere fiducia anche nei magistrati italiani. Sicuramente un cambiamento è auspicabile. Nel settembre 2022 scadrà il Consiglio superiore della magistratura in carica, magari ci sarà l’opportunità di effettuare una vera e propria rivoluzione.